Liste di attesa e privatizzazione “strisciante” della Sanità

liste di attesa

di GIOCONDO TALAMONTI*

Il problema delle “liste di attesa” è particolarmente sentito perché, non essendoci stati
negli ultimi anni miglioramenti significativi dei tempi di attesa, tra l’altro aggravati
dalla pandemia, si traduce in rinunce alla cura della salute e al ricorso alla sanità
privata con gravi oneri per i cittadini. 
Ciò costituisce una legittima preoccupazione, assolutamente ingiustificabile ed
accettabile in una società che guarda al benessere e alla salute dei cittadini. Molti
sono i ternani che per esigenze legate al proprio stato di salute e per la propria
serenità personale e famigliare sono costretti a rivolgersi a strutture private. È
opinione diffusa che sia necessario attivare le necessarie procedure di ottimizzazione
nell’organizzazione del lavoro, nelle risorse umane e strumentali utili alla soluzione
del problema e dare risposte più consone agli utenti.
Un primo intervento in tal senso è rendere operative le strutture diagnostiche nei
giorni festivi e farle funzionare anche di notte per i ricoverati al fine di esaurire le
liste di attesa nei vari reparti e assicurare così tempi ragionevolmente brevi. Lo
scenario indica che, a partire dal 2011, sono state ridotte le risorse umane e strutturali
che hanno penalizzato il Servizio Sanitario Nazionale (SSN), tagliando l’offerta
pubblica di servizi, provocando lo scandaloso allungamento delle liste d’attesa e
favorendo l’espansione dell’offerta privata, trainata anche dalla diffusione di varie
forme di assicurazioni integrative aziendali. La lezione della pandemia non è servita.
Si spera che quanto prima l’operazione dia i risultati sperati, anche se è evidente il
disegno di privatizzare la sanità italiana, oramai in mano al libero mercato. La

lentezza che si registra nella ripresa dell’attività ordinaria degli Ospedali ha il
pericoloso effetto di abituare i pazienti a rivolgersi al privato. È evidente il danno per
i più deboli, sempre più obbligati ad indebitarsi per veder rispettato un diritto.
L’articolo 32 della Costituzione prevede, al riguardo, che “la Repubblica tutela la
salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività” e
l’Articolo 13 dello Statuto della Regione Umbria ribadisce che “la Regione promuove
la salute quale diritto universale e provvede ai compiti di prevenzione, cura e
riabilitazione mediante il servizio sanitario regionale …nell’attuazione delle politiche
sanitarie, ispira la propria azione al principio della centralità e della dignità della
persona malata”.
La pandemia avrebbe dovuto indurre a profonde correzioni il sistema sanitario
sperimentato in Lombardia e dimostratosi fallimentare nella lotta al Covid. Al
contrario, sembra stia ispirando la linea sanitaria in Umbria. Un modello che prevede
la cancellazione della rete dei servizi territoriali pubblici, affidando l’erogazione delle
prestazioni domiciliari ad agenzie private, instaurando, in campo ospedaliero, una
concorrenza tra settore pubblico e settore privato, fortemente squilibrata a favore del
secondo. Alla luce della recente emergenza Covid-19, che dura ormai da quasi due
anni, il Servizio sanitario pubblico dovrebbe essere assicurato in modo adeguato in
tutto il territorio dell’Umbria, anche alla luce delle risorse che potrebbe fornire
l’Unione europea. La fruibilità da parte dei pazienti che necessitano di esami
diagnostici, visite specialistiche, terapie ed interventi devono, invece, sottostare ad
attese snervanti per risolvere i più urgenti aspetti della salute pubblica.
In tale contesto l’impegno dell’Università è importante se adeguerà l’offerta
formativa alle esigenze della popolazione e se la Regione saprà rispondere alla
comunità ternana attivandosi per un nuovo ospedale di eccellenza.
Tutti i ternani debbono vegliare e rendersi disponibili a una seria lotta popolare in
vista del rafforzamento del sistema sanitario locale, privilegiando la salute della
persona e non il profitto. Insieme si può.

*Presidente Ass. Berlinguer Terni

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