Covid-19: alle acciaierie si può lavorare all’aria aperta di un bosco invece no

La protesta del M5S e quella di Coldiretti Umbria

Ma perché – si chiede Thomas De Luca, consigliere regionale del M5S – si può tornare al lavoro in stabilimenti non essenziali come Ast, ma vieni multato se con la tua azienda agroforestale vainin un bosco a rtagliare e movimentare legnami? Ibn effetti pare un controsenso: il rischio di contagio e di contatti, a lume di naso, pare maggiore dentro uno stabilimento che non all’aria parte in un bosco. Lo dice pure De Luca: “Mentre mandiamo gli operai nelle fabbriche, lasciamo a casa lavoratori che possono operare in massima sicurezza all’aria aperta a svolgere mansioni di primaria importanza per cui le distanze tra singoli sono di norma fisiologiche e ben superiori a quelle consigliate dagli organismi scientifici e sanitari in tutto il mondo”.

Il fatto è che a questo corrisponde anche un danno economico: “Ricordiamo che l’attività svolta nella primavera 2020 è finalizzata alla produzione di legna da ardere da immettere sul mercato nella prossima stagione autunno/inverno – afferma il consigliere M5S – Si tratta di un bene di primaria importanza  in quanto combustibile per le tante famiglie della nostra regione che vivono in zone rurali e non sono collegate alla rete del metano, per cui il legname rappresenta la fonte primaria di riscaldamento”.

De Luca triova un alleato nella Coldirfetti umbra che proprio in contemporanea segnala che “Lo stop ai lavori agroforestali, dal taglio della legna al suo recupero nei boschi, legato all’emergenza coronavirus, sta arrecando incertezze e danni agli operatori del settore, con ripercussioni negative, vista la stagionalità delle operazioni, anche sulla prossima disponibilità di legna come fonte combustibile”. Sono le parole dui Albanon Agabiti, presidente di Coldiretti umbra, che interviene – dice Coldiretti – a supporto della “recente richiesta dell’assessore regionale all’agricoltura Morroni al mnistro Bellanova”. Morroni chiede proprio la rirpersa dell’attività di selvicoltura e utiizzo delle aree forestali. “L’attuale periodo di sospensione dell’attività – ribadisce Agabiti – rischia di generare, in termini produttivi ed economici, una ricaduta negativa non solo rispetto all’immediato, ma anche in riferimento alla prossima stagione”. Senza contare che “I boschi, gestiti in modo sostenibile – ricorda Agabiti – assolvono funzioni importanti per tutta la collettività, come per la prevenzione dalle frane e dalle alluvioni. Grazie al lavoro e alla presenza delle aziende agroforestali, è possibile preservare i territori dall’abbandono, svolgendo un insostituibile presidio rispetto all’assetto idrogeologico e mantenere un patrimonio naturale con importante valenza turistica e ambientale”.

Spiega a sua volta De Luca che “Molte aziende  boschive al contrario, a causa di un’interpretazione molto stringente del DPCM del 22 marzo scorso, hanno dovuto interrompere la propria attività in quanto non collegate alla filiera della vendita all’ingrosso ma a quella della vendita al dettaglio. Salvo grandi aziende che approvvigionano i magazzini di legnami, le criticità che ci sono state segnalate sono numerose”.

Il consigliere M5S, quinidi, si rivolge ai prefetti, perché “diano indicazioni chiare soprattutto alle forze dell’ordine – così come avvenuto per aziende come AST – quantomeno per consentire agli operatori di rispettare i vincoli e completare le operazioni forestali necessarie”