Sanità, la Cgil di Terni boccia il protocollo d’intesa: Regione debole e l’Università si “allarga”

protocollo d'intesa

Il protocollo tra Regione dell’Umbria e Università di Perugia in materia di Sanità va rivisto: la richiesta è della Cgil ternana che sul documento ha tenuto un seminario di approfondimento. La critica è forte: “Sono assenti regole capaci di andare verso una reale integrazione tra Università ed Aziende Ospedaliere”, il ruolo dell’Università diventa preponderante rispetto a quello della Regione che, dice la Cgil, “che dovrebbe essere titolare della gestione ed organizzazione della Sanità umbra” mentre invece con quel protocollo l’Università “compenetra in modo forte negli aspetti organizzativi e decisionali sanitari”. Una spcie di abdicazione quella individuata dal sindacato ternano con una Regione che lascia all’Università decisioni che vanno oltre il ruolo che ad essa dovrebbe competere. L’accordo “non esplicita la compartecipazione ai risultati di gestione, i criteri per la costituzione delle strutture organizzative, i criteri per i fabbisogni formativi del servizio sanitario regionale e soprattutto non tiene conto del reale fabbisogno di “domanda sanitaria” e relative prestazioni e servizi da parte dei diversi territori umbri”.

Non solo. “Si evince – aggiunge la Cgil – un ruolo di totale egemonia nella nomina delle apicalità delle strutture complesse, sbilanciato tutto verso l’Università, facendo prevalere i criteri legati a crediti formativi e di ricerca rispetto alle reali capacità e competenze pertinenti nel campo dell’assistenza. Pericoloso…è poi introdurre elementi di disparità anche tra medici ospedalieri ed universitari, in nome di una integrazione che in modo subdolo nasconde un progetto di unificazione delle due aziende ospedaliere, con evidenti ripercussioni negative per il territorio ternano”.

Un protocollo che va rivisto inserendo “chiari obiettivi di assistenza e definizione precisa dei ruoli e delle funzioni tra Università ed azienda, magari ripercorrendo buone pratiche che, come in passato, hanno trovato il giusto equilibrio qualificando la sanità nel suo complesso sia sul versante dell’assistenza che sugli aspetti della ricerca e della formazione (vedi oncologia, chirurgia vascolare, medicina del lavoro). Il contributo forte dell’Università, che ha rappresentato realmente l’eccellenza sanitaria, c’è stato quando con sinergie vere la crescita e l’integrazione hanno viaggiato di pari passo, fornendo eccellenze professionali come quelle di cardiochirurgia, neurochirurgia e chirurgia generale”.

Al momento – sono le conclusioni – “si potrebbe correre il rischio che molti settori scientifico-disciplinari rimangano senza figure professionali adeguate a garantire la alta specialità” e può rivelarsi come strumento per “infliggere un ulteriore colpo alla sanità ternana, anche in ragione delle difficoltà attualmente presenti”.