Sangemini e Amerino, il sindacato ai dirigenti: “Ci portate nel baratro, andatevene a casa”

Quelli del sindacato ci sono andati giù pesanti: “La dirigenza di Ami non è stata in grado di garantire la continuità aziendale, ora il concordato stesso e soprattutto la salvaguardia occupazionale sono a forte rischio di default. Chiediamo quindi si facciano da parte”. L’Ami è la società cui fanno capo le società delle acque minerali Amerino e Sangemini. Entrambe sono in difficoltà e ieri ha avuto luogo un incontro tra i dirigenti (Paganini, Pessina, Pagliacci, Brega, Bonifacio) e i rappresentanti dei sindacati di categoria Fai, Flai, Uila e le Rsu di sito. Un incontro per via telematica”, ovviamente.

“L’azienda attraverso il dottor Paganini ha tenuto subito a precisare che le call e le trattative devono essere di natura Nazionale e non territoriale, ribadendo di aver accettato l’invito dei sindacati solo per cortesia”, riferiscono Fai, Flai, Uila dell’Umbria e le Rsu di Sangemini e Amerino che informano sull’andamento del colloquio: “Per ciò che riguarda l’attività commerciale, ci viene comunicato che stanno provvedendo a riattivare i canali con la GDO, con il goffo tentativo da parte del direttore generale del recupero delle commesse perse. Ci sono state illustrate le mille difficoltà del momento legate al concordato stesso e al covid-19, che hanno portato ad un significativo calo di volumi soprattutto nel canale Horeca di gruppo. Come sindacati abbiamo ribadito che le persone in Sangemini e Amerino lavorano nonostante le difficoltà del momento, sempre nel rispetto delle normative vigenti, pronte anche a far fronte ad una richiesta massiccia di ordini, nonostante il peso della cassa integrazione, che sta mettendo a dura prova il bilancio delle famiglie.
Il quadro è aggravato da anni di privazioni, proprio per la cassa integrazione che è diventata particolarmente pesante negli ultimi 15 mesi con la straordinaria, sommata ad un accordo su cui la regione Umbria era garante, mai rispettato che ha comportato una riduzione dei salari”. Le scelte scellerate dell’azienda hanno portata di nuovo il gruppo sul baratro.

I sindacati continuano a chiedere “di ridurre le giornate mensili di cassa integrazione per evitare il dramma sociale che si sta invece avvicinando sempre più velocemente. Tra l’altro, si avvicina la scadenza della CIGO covid-19 utilizzata attualmente. Informiamo, inoltre, che i siti produttivi in questione stanno diventando una polveriera, e i dipendenti stanno pagando il prezzo di anni di “pressappochismo” aziendale”.