Sangemini e Amerino: i lavoratori stanchi delle “passerelle dei politici” chiedono impegni concreti

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I lavoratori di Sangemini e Amerino sperano che qualcosa di serio venga detto loro all’incontro in programma al Ministero dello sviluppo economico il 20 maggio prossimo. Le Rsu dei due stabilimenti delle acque minerali e i rappresentanti del sindacato di categoria di Cgil, Cisl e Uil fino ad ora non hanno sentito alcunché di concreto, dicono, sui problemi dei due siti umbri del gruppo Ami che destano entrambi forti preoccupazioni. Anzi, lamentano che la situazione è “aggravata dalle continue passerelle politiche intorno alla vicenda”. . “Le iniziative di lotta dei lavoratori – scrivono Flai, Fai e Uila – non possono e non devono essere oggetto di strumentalizzazione da parte di nessuno. Attualmente siamo ancora in attesa del decreto ministeriale per la cassa Covid19 e i lavoratori non hanno ancora percepito i mesi di marzo e aprile 2020. Ci chiediamo dove siano ora tutti i grandi politici che manifestavano vicinanza ai lavoratori. Perché nessuno si è mosso per aiutare le maestranze? Nessuno a parte le organizzazioni sindacali, che come sempre alla fine sono le uniche al fianco dei lavoratori”. 

E pensare, aggiungono che “Questa proprietà, il gruppo Ami, ha nel corso degli anni promesso faville, ma ci ha poi consegnato un futuro precario e una fabbrica che stenta a ripartire – continuano Flai, Fai e Uila – Noi, sindacati e Rsu, dobbiamo mettere in campo azioni concrete per poter salvaguardare la produzione, le vendite, i livelli occupazionali e lo sviluppo dei due siti”.

Che accadrà allora all’incontro del 20 maggio? A breve, dicono i rappresentanti dei lavoratori, verrà convocato un coordinamento nazionale tra le organizzazioni sindacali a tutti i livelli e la proprietà. “Siamo convinti che un ruolo in questa vicenda lo dovrebbe giocare la Regione Umbria – aggiungono – che è proprietaria delle concessioni e depositaria di un accordo con la proprietà e noi rappresentati dei lavoratori su sviluppo e occupazione”. 

Per i sindacati, infatti, rimangono validi gli accordi siglati in Regione nel 2014 e nel 2018, che mettevano gli stabilimenti umbri al centro di un progetto di rilancio, con gli investimenti e la salvaguardia occupazionale. “Perciò – insistono –  alla Regione Umbria, alla presidente Tesei e agli assessori di riferimento chiediamo di fare la propria parte, come garanti dell’accordo e delle concessioni, con la costituzione di un tavolo permanente di confronto a supporto dei lavoratori e  del territorio. Diversamente da ciò – concludono Flai, Fai e Uila – non faremo sconti a nessuno”.

Si chiede una maggiore spinta commerciale nel canale Gdo: “Nei prossimi mesi di picco produttivo – osservano dalla Rsu – la cassa non deve essere utilizzata. Vanno quindi riacquisiti volumi produttivi e fatta una manutenzione mirata degli impianti”. I sindacati si dicono invece indisponibili ad accettare “soluzioni di comodo o poco chiare”. “Ricordiamo – continuano Flai, Fai e Uila – che sul sito della Regione si legge che l’Umbria è ricca di sorgenti idrominerali e che proprio l’ente regionale ha compiti di concessione per la coltivazione e per l’emungimento delle acque. Con orgoglio, possiamo asserire che questi due stabilimenti con la loro gloriosa storia, hanno orientato e plasmato i modi di vivere dei nostri territori, garantendo un lavoro dignitoso e permettendo a molte famiglie autonomia e libertà”.