In pista ora c’è un altro Liberati che vince

Liberati

“Nonno? Finché non ti ci trovi non ti rendi conto di quel che significa nonno per Terni”. Giancarlo, l’ha capito bene tre o quattro anni fa, quando è intervenuto alla rievocazione del Circuito motociclistico dell’Acciaio. Perché Giancarlo di cognome fa Liberati: suo nonno era Libero Liberati.

E siccome il sangue è sangue anche lui corre in motocicletta. Il numero? 39, ovviamente, “quello ormai è il numero di famiglia”, sorride il padre, Manrico Liberati. Giancarlo è il terzo dei suoi tre figli, tutti maschi.

Giancarlo Liberati

Mancano due prove per la fine, ma al momento è secondo nella graduatoria per il campionato italiano Centro–Sud di moto motard. E’ al secondo anno di gare: è stato un crescendo, fino alla prima vittoria ottenuta una decina di giorni fa e, a sentire i tecnici, è uno che ha qualcosa in più. Doti innate, come il saper restare freddo nei momenti difficili, nell’essere capace di tirar fuori tutto dalla moto, nel non farsi mettere il sale sulla coda, nell’essere “cattivo” in gara. Il nonno era così.
“E’ stata mia madre – ricorda Manrico – che ha voluto farlo contento: lui stravedeva e voleva una motocicletta, ma io non cedevo. Sa, mio padre… mio fratello che si chiamava come lui, Giancarlo… e poi lui aveva nove anni. Abitiamo in campagna, abbiamo fatto una pista alla bell’e meglio dietro casa e lui era sempre lì… a girare. Sole, acqua, neve…”.
“Di nonno Libero ne parlano ancora in tanti nell’ambiente, certo, specie quando sentono che io mi chiamo Liberati”, dice. “Però quel che succede a Terni… Tanti anni dopo, a vedere un Liberati col numero 39 “girare” lungo le strade della zona di Maratta la gente si spellava le mani. E poi tutti quegli appassionati che ricordavano episodi magari semplici, magari piccoli ma per i quali si emozionavano ancora, lo vedevi proprio che il cuore gli batteva più forte”.

Stesso cognome, ma anche stessa faccia. La somiglianza col campione del mondo ternano è – come si dice sempre – impressionante. La stessa forma del viso, lo stesso sorriso che si può vedere in tante foto di Libero Liberati, specie quelle che lo ritraggono sul podio, col volto che sporge dalle foglie della corona d’alloro che si consegnava al vincitore. Unica differenza: non è biondo e gli occhi sono scuri, non azzurri.
Certo, sono passati diversi decenni. Le corse sono tutta un’altra cosa, i mezzi, le piste… tutto è cambiato, ma alla base ci sono sempre gli stessi ingredienti: volontà, applicazione, serietà, una manciata di talento naturale. Come andrà a finire si vedrà, alcune certezze ci sono ed aspettano conferma. Il futuro? “La motard è propedeutica alla velocità”, spiega Manrico che in mezzo ai motori ci vive da prima di nascere. La voglia c’è, e se “buon sangue non mente”…

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