Perugia chiede elettricità, la “Terni” gliela nega

Perugia

Perugia, 13 ottobre 1959 – Il consiglio comunale di Perugia decise  di interrompere il contratto con la società Unes (Unione esercizi elettrici) che vendeva al Comune e distribuiva l’energia elettrica. Non è che si volevano lasciare al buio le abitazioni e le attività perugine, né che si voleva tornare ad illuminare le strade coi lampioni a petrolio o abolire la rete dei filobus.

E’ che il Comune di Perugia aveva deciso di costituire una propria azienda elettrica municipalizzata. L’energia, però, in attesa casomai di prodursela, questa nuova azienda municipalizzata avrebbe dovuto acquistarla per poi distribuirla agli utenti o utilizzarla per i servizi pubblici. Quale problema c’era? Nessuno. L’Umbria era una delle aree di maggiore produzione di elettricità. C’era però un particolare: Praticamente la totalità della produzione umbra era assicurata da un solo soggetto: la “Terni”. Avrebbero detto di non a Perugia, quelli della “Terni”, che oltretutto era un’azienda dello Stato?

Da Galleto energia a Perugia
La centrale idroelettrica di Galleto, Terni

Il Comune di Perugia marciò spedito. Dopo dieci giorni dalla decisione unanime del consiglio la pratica era già stata istruita ed avviata. Per prima cosa bisognava richiedere la fornitura. E proprio il 23 ottobre 1959 parti la lettera di richiesta inviata a quattro società: la “Terni”, l’Acea di Roma, la Selt Valdarno, e la stessa Unes ma evidenemente con un contratto ben diverso da quello che si era deciso di scioglierer.

Un iter pro forma si pensava, perché la “Terni” stava poprio lì… bastava un elettrodotto di una sessantina di chilometri ed era fatta.

Da una semplice cartellina nel giro di poche settimane la pratica assunse le dimensioni di un faldone alto così, dovendo contenere un carteggio che divenne subito voluminoso.  Dopo vari batti e ribatti, dopo le richieste di chiarimenti, di specifiche, di garanzie e controgaranzie l’Acea da Roma scrisse che non c’era niente da fare: aveva in porospettiva un aumento consistente di utenti su Roma e quindi l’elettricità le serviva nella capitale.

Vabbè, c’era sempre la “Terni”. Che però rispose anch’essa “nisba”. “Non ci conviene – recitava più o meno la lettera di risposta agli inviti del Comune di Perugia – perché per fornire energia a voi dovremmo studiare e realizzare nuovi collegamenti nonché un piano attendibile che tenga conto delle nostre esigenze future”. “Inoltre – aggiungeva la “Terni” – sapete benissimo che noi siamo fornitori della Unes“. Come a dire: continuate a farvela fornire da loro l’eettricità,  e lasciateci in pace.

Non furono certo più gentili quelli della Selt Valdarno: “La nostra rete di distribuzione si estende dalla parte opposta della Toscana rispetto a Perugia, e quindi per voi non sarebbe conveniente prendere elettricità da noi: fatevela dare dalla “Terni“.  E l’Unes? “Noi non siamo interessati a concludere un contratto che preveda la fonitura di energia ad un altro ente che la distribuisce. Non ci conviene, proprio”.

Ad un certo punto si fece avanti, seppur non interpellata ufficialmente, l’Azienda Municipalizzata di Milano: “Se volete acquistare energia elettrica da noi, possiamo metterci d’accordo”, fece sapere l’azienda lombarda. Certo, i costi non erano così convenienti, ma seicento chilometri di elettrodotto sono sempre tanti…

Come andò a finire? Tra un rifiuto e l’altro se ne passò ben più di un anno. E per fortuna del Comune di Perugia si era omai vicini al 1962, quando la produzione di energia elettrica fu nazionalizzata.

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