Ordinanza “bon ton” e le donne della Cgil: “Il problema prostituzione non riguarda l’abbigliamento”

Constatato che II sindaco di Terni Leonardo Latini aveva emesso un ordinanza finalizzata al “superamento del degrado del territorio per il decoro e la visibilità dei luoghi” loro ci avevano creduto. Poi però… “Loro” sono le donne della Cgil le quali – spiegano ora in una nota – si aspettavano “di parlare finalmente dei quartieri e della necessità di ricostruire socialità, oppure della condizione degli anziani o dei giovani che non trovano occupazione. Invece l’ordinanza si riferisce al contrasto al fenomeno della prostituzione”.

Che la questione esista lo si sa, il problema è, però, da quale posizione si parte ed in quale direzione si va per affrontarlo. Il coordinamento donne della Cgil di Terni – che firma la nota in questione – sottolinea che rispetto alla questione “sarebbe stata auspicabile una riflessione sullo sfruttamento sessuale, sul maltrattamento fisico e psicologico delle donne considerando che l’80% delle donne che si prostituiscono è vittima della tratta. Invece – continuano le donne della Cgil di Terni – nell’ordinanza, tra le altre questioni poste, c’è il divieto di ‘mantenere abbigliamento indecoroso o indecente in relazione al luogo ovvero nel mostrare nudità’ e di intrattenersi con le persone ‘con qualsiasi altro atteggiamento o modalità comportamentali, compreso l’abbigliamento, che possano ingenerare la convinzione che la stessa stia esercitando la prostituzione’. 

“Come al solito si colpevolizza la donna – osserva ancora il coordinamento – e non si determinano politiche per contrastare il fenomeno della prostituzione, la mercificazione del corpo femminile è un tema culturale a cui vanno contrapposti pensieri e azioni contro la disparità di genere”.

Secondo la Cgil nell’ordinanza, aldilà dei riferimenti al comportamento delle donne e soprattutto al loro abbigliamento, “non si trova nulla rispetto al contrasto di atteggiamenti inequivocabilmente criminali e nulla sul rafforzamento della vigilanza notturna, mentre tutto viene ridotto alla lunghezza delle gonne o all’ampiezza delle scollature”. “Sembra di essere tornate indietro nel tempo – insistono le donne del sindacato ternano – quando nella seconda metà del ‘400 le donne non potevano indossare scarpe con il tacco più alto di quello indicato in un’incisione sul portale principale all’ingresso del Duomo, ancora oggi visibile”.

 
“Ci piacerebbe – conclude il coordinamento donne della Cgil – parlare del lavoro femminile, dell’occupazione precaria, della necessità di avere servizi per l’infanzia in grado di fornire un reale strumento di conciliazione tra tempi di vita e tempi di lavoro, ci piacerebbe parlare di orari della città, della solitudine come primo elemento di fragilità, di come si sono modificate le famiglie negli anni, di quanta occupazione di qualità si può generare per le donne, di quale welfare cittadino si può ipotizzare, del part time involontario. Forse si potrà fare alla prossima ordinanza?”.