De Luca (M5S) a testa bassa: chiede il taglio delle indennità alla Regione Umbria

Thomas De Luca
piano sanitario
Consiglio regionale umbro

Questo De Luca… Non lo tiene più nessuno! Per chiarezza: qui si parla di Thomas il consigliere regionale del Movimento 5 Stelle, non di Vincenzo, il presidente della Campania. Però anche il “nostro”, l’umbro, non è che non si faccia notare: interrogazioni, interventi polemici, proposte, contestazioni… Non passa gioorno senza che esca con qualche proclama. Tra i consiglieri regionali umbri è sicuramente il titolare del record: dal recovery fund alla censura per Dario Fo a Massa Martana; dai diritti dei disabili all’ospedale di Pantalla; dai canoni elettrici al medico scolastico, al registro tumori. Le arriva tutte. E si parla solo degli ultimissimi tempi.

Adesso se ne esce con un intervento che gli creerà non pochi nemici: chiede alla Regione “l’immediata calendarizzazione della proposta di legge Bori per il taglio delle indennità”, il che significa che sollecita che si proceda. “Il M5S non si tira indietro. E’ ora di dare delle risposte concrete che vadano oltre le schermaglie politiche e le ipocrisie di alcuni. E’ ora di separare il grano dalla crusca, di chiamare alcuni esponenti della Lega a dar seguito con i fatti alle parole” ardisce dire Thomas De Luca.

Un provocatore? “Non chiederemo a questi signori di fare né più né meno di quello che noi già facciamo da anni: tetto massimo a 3.250 euro netti, contributi previdenziali minimi e rendicontazione pubblica, puntuale e trasparente del forfettario delle spese di esercizio mandato. Dall’insediamento dell’assemblea legislativa dopo il voto dello scorso mese di ottobre, il sottoscritto ha restituito fino ad oggi 11.700 euro. Negli ultimi 5 anni i consiglieri regionali del Movimento 5 Stelle hanno restituito 101.704,29 euro”.

Potrebbe esere un mezzo scivolone il riferimento al presidente dell’Inps Tridico? “Il caso montato intorno al Presidente dell’Inps chiede un impegno ancora più deciso fissando il tetto massimo degli stipendi ai nominati dalla politica regionale umbra a 62.000 euro. Non ci sarebbe neanche bisogno di spiegare che 150.000 euro sono pure pochi per chi guida un ente che gestisce la quasi totalità della previdenza italiana, con un bilancio che si aggira intorno ai 240 miliardi di euro e 28.862 dipendenti. E che a seguito dell’emergenza Covid  l’Istituto di previdenza si è trovato a gestire in piena pandemia una mole di lavoro gigantesca rispetto all’ordinario”, sostiene De Luca. “Rispetto alla polemica che ha scatenato lo sdegno della Lega Umbria ricordiamo che a maggio 2019 Tridico era stato nominato come “organo munito dei poteri del cda” in ticket col vice Adriano Morrone in quota Lega. Il decreto 4/2019, approvato da Lega e M5S, stabiliva gli stipendi “senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica” e senza effetto retroattivo”, aggiunge e spiega: “Al netto della solita propaganda e alcune diffamazioni diffuse a mezzo stampa, condividiamo l’appello alla frugalità e al buon esempio da parte di chi è chiamato a gestire la cosa pubblica soprattutto in un periodo in cui il paese vive un momento di difficoltà. Per questo abbiamo presentato una mozione che impegna la giunta regionale ad imporre un tetto massimo alle retribuzioni annue pari a euro 62.000 lordi comprensivi di bonus ed integrazioni di varia natura relativamente alle nomine espresse a norma di legge dal Presidente della giunta regionale a cominciare dai più stretti collaboratori, dai membri del gabinetto della Presidente, ai vari amministratori di Aziende ed Enti strumentali della Regione Umbria. In modo da accogliere e mitigare lo sdegno espresso sulle pagine social dal gruppo Lega Umbria nonché da una pluralità di rappresentanti nazionali e regionali rispetto alle indennità degli amministratori pubblici nominati in carica da organi politici. Nel frattempo i comuni alluvionati dell’Umbria meridionale non hanno visto un euro di quelli promessi e la Lega non ha ancora dichiarato lo stato d’emergenza”.

Di questo passo, però, dove si arriverà? Qui c’è il rischio che a qualche consigliere comunale prima o dopo gli toccherà andare a lavorare.