L’Odissea dei numeri civici

Tempo otto mesi ed il problema sarebbe stato risolto: Terni, come ogni città da rispettare, avrebbe avuto il numero civico ad ogni porta. Non vergato direttamente su un’anta del portone; né _ tantomeno _ da intuire leggendo i numeri di due o tre porte vicine. Non più scritto in alto, sul muro,

 

come capitava, usando un pennello intinto nel primo barattolo di vernice di qualsiasi colore che uno si trovava a disposizione, fosse l’avanzo dell’antiruggine data ad un pezzo di ringhiera, o la tinta a calce passata sulle pareti della camera da letto. No. Terni, città cresciuta troppo in fretta e nella confusione di vicoli, e chiassuoli, avrebbe almeno avuto, come le altre città, i numeri civici tutti uguali, ad ogni porta di negozio, ad ogni ingresso di abitazione: piastrelle di ceramica, color bianco sporco, della misura regolamentare, col numero nero scritto in un bel carattere e, in alto a sinistra, il simbolo della città, il drago, stilizzato.
Non poteva che essere soddisfatto il podestà Almo Pianetti quando appose la firma all’atto che aggiudicava l’appalto alla ditta Mario Morelli di Rimini: 6,75 lire a piastrella comprensive della posa in opera per una spesa totale di settantamila lire. L’appalto fu assegnato il 30 luglio 1935 e prevedeva un termine ultimo entro il quale il lavoro doveva essere concluso: il 13 aprile 1936.
Il regime sarà stato pure capace di far arrivare i treni in orario, ma nulla poté contro la giungla di complicazioni che anche allora annodava il sistema di appalti, sub appalti e contrappalti, e relativi rinvii e dilazioni. E così non otto mesi passarono, ma ben sette anni. La ditta Morelli, che andava avanti stancamente, in verità, ad un certo momento dichiarò fallimento. Lasciando mezza città senza i nuovi numeri civici. Già aveva accumulato un ritardo di diversi mesi, tanto che il Comune aveva ormai da un pezzo sospeso i pagamenti che, evidentemente, avvenivano per avanzamento dei lavori.
La ditta Morelli, impelagata in una serie di guai e pressata dai fornitori che reclamavano a loro volta che facesse fronte agli impegni che aveva nei loro confronti, cercava di barcamenarsi per far fronte alla situazione. Uno dei creditori era la Edilceramica Italiana, una fabbrica di maioliche di Varese, che era proprio quella che, tra le altre cose, alla ditta Mario Morelli di Rimini, forniva le piastrelle dei numeri civici di Terni. «Prendetevi in pagamento il credito che vanto dal Comune di Terni», propose Morelli. «Ecco qua, sono novantaseimila lire».
«Manco per niente» fu la replica del Comune, quando quelli dell’Edilceramica bussarono alla porta. «Morelli ha già preso una parte dei soldi ed in più ha delle penali da pagare, vanta al massimo un quarto di quel che dice».
Insomma: si aprì un contenzioso tra Comune di Terni ed Edilceramica, col podestà Pianetti che contestava la cifra e che chiedeva, stavolta all’Edilceramica, di concludere l’opera iniziata dall’impresa riminese. Da Varese si ribatteva, tra l’altro, che i costi erano lievitati col passare del tempo e che le piastrelle necessarie ora erano diventate di più, anche perché Terni era ulteriormente cresciuta.
Come fu, come non fu, si raggiunse un accordo: il Comune di Terni avrebbe corrisposto venticinquemila lire all’Edilceramica in cambio delle 16.163 piastrelle di cui aveva bisogno. La posa in opera, però, stavolta non era compresa nel prezzo, e così ogni cittadino doveva mettere mano al portafogli e sborsare poco più di tre lire per pagare l’operaio che gli appiccicava il numero civico al portone. Nel frattempo, però, si era arrivati alle soglie del 1941. Anche il podestà era cambiato ed al posto di Pianetti era arrivato Giulio Girardi. Ma non era ancora finita. Il braccio di ferro con Edilceramica ebbe, infatti, una coda: c’era una postilla all’accordo che il Comune aveva sottoscritto, ossia la consegna di quattrocento piastrelle omaggio. Che la ditta di Varese non spediva e quindi il Comune non pagava. Ci volle un altro anno di lettere “sostenute” e di minacce di far scendere in campo gli avvocati. Finché la Edilceramica cedette. Preparò e spedì le quattrocento piastrelle omaggio ed il Comune, prontamente, inviò il pagamento.
Era finita. Finalmente nel 1942 Terni ebbe tutti i suoi bei numeri civici. Con “soltanto” sei anni di ritardo rispetto a quanto programmato. Era stata dura, certo, ma adesso quelle piastrelle tutte uguali, ben leggibili, col draghetto su un pizzo, erano proprio un amore, una faccenda di cui andar fieri.
L’anno dopo, però, sul cielo di Terni arrivarono i bombardieri anglo americani. E fu tutto da rifare.
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