Smart working: in Umbria aumentato di un terzo

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Durante il primo lockdown, lo smart working in Italia ha coinvolto oltre 6 milioni e mezzo di persone, circa un terzo dei lavoratori dipendenti italiani, con una crescita di oltre 10 volte rispetto ai 570mila del 2019. In futuro il 70% delle grandi imprese aumenterà le giornate da remoto, in media da uno a 2,7 giorni alla settimana. Gli investimenti strategici in lavoro agile nel settore industriale sono passati dal 19,9% del 2015 al 33,6% del 2020, nei servizi dal 24,5% al 43,2%, nelle public utilities dal 45,9% al 54% e infine dal 18% al 29,6% nel settore delle costruzioni.

Analizzando nel dettaglio dove maggiore è stato lo sviluppo del lavoro agile, nei servizi si nota il boom nei settori già a forte propensione digitale come “servizi informatici e delle telecomunicazioni” con 63,2% (+24,2% rispetto al periodo pre-covid), “servizi avanzati di supporto alle imprese” con 55,1% (+22,7%), “servizi finanziari e assicurativi” 62,4% (+24,5%), importante anche la crescita del settore “istruzione e servizi formativi privati” che è passata dal 27,1% al 50,5% del 2020.

I settori, invece, con la più bassa percentuale di investimenti sono quelli a minore propensione strutturale a questa innovazione come “commercio al dettaglio”, “servizi di alloggio e ristorazione; servizi turistici” e “servizi culturali, sportivi e altri servizi alle persone”.

Nell’industria al primo posto troviamo le “chimiche, farmaceutiche e petrolifere” con il 51,8% (+10,7%), a seguire le “industrie elettriche, elettroniche, ottiche e medicali” con il 42,3% (+20,2%) e le “industrie fabbricazione macchinari e attrezzature e dei mezzi di trasporto” con il 36,8% (+17,9%). Quelli con minore propensione agli investimenti in lavoro agile, ma comunque sempre con un significativo aumento percentuale, sono “estrazione di minerali” con il 27,7% (+5,3%) e “industrie del legno e del mobile” con il 26,1% (+14,3%).

Giorgio Mencaroni

“L’Umbria – riferisce il presidente della Camera di commercio, Giorgio Mencaroni – ha seguito il trend nazionale di sviluppo del lavoro agile che dal 23,3% del periodo pre-covid, è diventato del 40,4% nel 2020. Anche se -specifica – nella nostra regione ciò è avvenuto in modo meno marcato, passando dal 24,8% al 36,6%”.

Particolarmente interessante è poi il dettaglio dell’analisi della situazione umbra dove – diversamente dal dato nazionale che vede sempre e comunque un incremento in tutti i settori – si notano alcuni settori in controtendenza. E’ questo il caso dei “servizi culturali e sportivi” passati dal 43,7% pre-covid ad un più modesto 29,5%, degli “altri servizi alle imprese e persone” scesi da 53,2% al 35,4% , delle “industrie del legno e del mobile” sceso dal 17,2% al 6,6% o ancora delle “industrie alimentari e del tabacco” crollate dal 59,6% al 43,2%.

Queste consistenti flessioni si possono probabilmente spiegare con la temporanea chiusura dell’attività: pensiamo alle palestre, alle piscine, agli alberghi…

“In ogni caso – evidenzia Mencaroni – i valori fortemente positivi di altri settori – in particolare i “servizi informatici e delle telecomunicazioni”, i “servizi finanziari e assicurativi”, il manifatturiero e le “public utilities” – spingono comunque la media umbra sopra il livello pre-covid sia nel caso dei servizi (con una crescita dal 27,2% al 39,7%), che dell’industria (dal 18,5% al 29,8%)”.