Nacque, ufficialmente, come Provincia dell’Umbria, nel 1861, quando si costituì il nuovo regno d’Italia. Ma dopo pochi anni era già, anche formalmente, la Provincia di Perugia, dal nome del suo capoluogo, riunendo al circondario perugino quelli di Spoleto, Orvieto, Terni e Rieti.
Quell’Umbria della seconda metà dell’Ottocento era terra di campanili, ben più di oggi. E non poche furono le proteste e le rivendicazioni avanzate contro il regio decreto che, in applicazione del principio del decentramento amministrativo, aveva costituito le province. Reazioni piuttosto decise a Spoleto e Todi, le quali rivendicavano un ruolo più “consono” alle tradizioni storiche dei due centri; a Orvieto, che avrebbe voluto essere compresa nella provincia di Siena; a Terni e a Rieti che ritenevano invece di avere diritto ad una provincia tutta per loro. Anche perché dall’Umbria si guardava a quel che era accaduto nelle Marche, dove erano state costituite ben quattro province nonostante l’ampiezza del territorio fosse più o meno la stessa.
Con la suddivisione del suo vasto territorio, la Provincia di Perugia da una diventò trina con l’istituzione delle province di Rieti (passata nel territorio laziale) e Terni. La quale Terni in verità “scalciava” già da tempo rivendicando il ruolo più consono alla città che era diventata negli ultimi decenni grazie all’industrializzazione, moltiplicando in fretta abitanti ed estensione. Rivendicazioni che trovarono un fervente sostenitore in Elia Rossi Passavanti, un fascista della prima ora, formatosi alla corte di Gabriele D’Annunzio a Fiume, “ardito”, decorato con medaglia d’oro al valor militare. Un personaggio il quale andava per le spicce, non utilizzava mai giri di parole e non conosceva il significato della parola diplomazia. Passare a vie di fatto, per lui, diventava immediatamente l’unica soluzione “virile” per dirimere le questioni: non disdegnava ricorrere alla spada e risolvere con un duello le questioni più delicate.
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