Produttori agricoli: “Per tre chili di pesche ci pagano un caffè”

Si rafforza la tendenza ad inseguire i prezzi più bassi anche facendo lo slalom nei punti vendita, cambiando negozio, supermercato o discount, ma anche sperimentando canali alternativi come gli acquisti di gruppo, quelli on line o dal contadino. La notazione è della Coldiretti Umbria: un prodotto alimentare su quattro viene acquistato dagli italiani in promozione con l’obiettivo di cercare il risparmio e ridurre i costi del carrello della spesa, con effetti evidenti sul contenimento dell’inflazione, secondo quanto emerge proprio da un’analisi dell’Organizzazione agricola.

“È evidente – afferma Luca Fauri titolare di un’azienda ortofrutticola a Città di Castello, che collabora con la Caritas per iniziative solidali sui prodotti invenduti – la propensione al risparmio delle famiglie, anche al momento degli acquisti presso le nostre aziende agricole. Un atteggiamento riscontrabile pure nei Mercati di Campagna Amica promossi da Coldiretti, in cui si valorizza la filiera corta con i prodotti del territorio e il rapporto tra produttore e consumatore e dove comunque ci impegniamo a tenere alta l’attenzione su qualità e origine delle produzioni da proporre a un giusto prezzo”.

La necessità di conquistare i consumatori ha determinato un profondo cambiamento delle politiche di marketing della distribuzione commerciale che ha come primo effetto un aumento della “pressione promozionale”.

“Accanto alla formula tradizionale del 3×2 ed ai punti a premio – riferisce Coldiretti – si sono moltiplicate e differenziate le proposte delle diverse catene per renderle meno confrontabili tra loro e più appetibili ai clienti: dalle vendite sottocosto che devono seguire regole precise ai buoni spesa. Un onere che spesso ricade sui fornitori per effetto delle distorsioni e delle speculazioni che si verificano lungo la filiera a causa degli evidenti squilibri di potere contrattuale. Nei campi infatti è deflazione profonda con gli agricoltori che – denuncia Coldiretti – si vedono oggi pagare la frutta ad esempio, dalle albicocche alle pesche, pochi centesimi, fino al 30% in meno rispetto allo scorso anno e che per permettersi un caffè devono venderne tre chili”.

“Serve intensificare l’attività di controllo e vigilanza anche per evitare che vengano spacciati come nazionali prodotti importati ma – conclude Coldiretti – è anche necessario al più presto il recepimento della direttiva (UE) 2019/633 in materia di pratiche commerciali sleali del 17 aprile 2019 per ristabilire condizioni contrattuali più eque lungo la catena di distribuzione degli alimenti, con l’introduzione di elementi contrattuali e sanzionatori certi rispetto a prassi che finora hanno pesantemente penalizzato i produttori”.