Obelisco di Terni, festeggiati i vent’anni


Fu Sandro Pertini, presidente della Repubblica, in visita ufficiale a Terni, a suggerire: “Visto che qui fate queste cose straordinarie e considerato il legame tra la città, l’acciaio e le acciaierie perché non fate anche un qualcosa che sia il simbolo di tutto ciò?”. Era il 1984.

Terni, l’Obelisco Lancia di Luce (part.)
L’idea di quello che poi sarebbe stato l’Obelisco di Terni era stata lanciata. E fu raccolta. Dalle acciaierie e dall’amministrazione comunale di allora, quando sindaco era Giacomo Porrazzini. Anche perché, in effetti, di procedere ad un arricchimento della città con alcuni “segni” importanti si parlava già da qualche anno. Era stato un assessore provinciale, che s’era occupato anche dell’Azienda Turismo ed era stato anche amministratore comunale, Walter Mazzilli, il quale aveva avviato l’operazione alla metà degli anni Settanta con “Le Libertà” di Giulio Turcato. Di cercare un contatto con Arnaldo Pomodoro per un’opera – lui che usava metalli per le sue sculture – da realizzare a Terni era stato già in qualche maniera auspicato e il consiglio di Pertini fu preso come un incoraggiamento inconsapevole ma rassicurante. Due più due… e si decise di proporre a Pomodoro di pensare un’opera per Terni. L’acciaieria per proprio conto avrebbe  fatto la sua parte e cominciò incaricando uno dei suoi tecnici di maggiore esperienza: il fonditore Mario Finocchio. “Ebbi un primo colloquio con Arnaldo Pomodoro nel suo studio di Milano, poi lui venne a Terni, visitammo le acciaierie e la città – racconta Finocchio nel suo libro “La Storia Industriale di Terni, chi l’ha letta chi l’ha vissuta” – Quando fummo all’incrocio tra via Guglielmi e corso del Popolo mi disse: ecco il posto ideale per la nostra scultura forse a forma di obelisco triangolare”.
Dalla visita di Pertini erano trascorsi solo due mesi, ma passarono undici anni prima che l’Obelisco triangolare venisse inaugurato lì, a quell’incrocio. E adesso sono passati altri vent’anni. Una data da ricordare e celebrare quella: era il 12 dicembre 1995.

 

 

Pertini col presidente della provincia di Terni Bruno Capponi e i parlamentari umbrii Radi e Giustinelli
1984, il Presidente Sandro Pertini a Terni (Foto arch. Provincia di Terni)

Se Arnaldo Pomodoro quel giorno era soddisfatto, Mario Finocchio lo era molto di più, e dovrebbe aver strappato il filo a tutti i bottoni della giacca, tanto era orgoglioso di quel che s’era riusciti a fare, perché ci aveva messo del suo.
Fu una faccenda complicata, dal punto di vista tecnico realizzare quell’ “affare” alto trenta metri, con una base di cinque metri per lato, ed un peso di quasi novantamila chili. E poi c’era da trattare l’acciaio che doveva assumere colorazioni tali da sembrare che fossero stati usati materiali diversi: ferro grezzo alla base e poi sempre più raffinato man mano che si saliva fino ad assumere la colorazione dell’oro. Ma sempre e tutto acciaio inossidabile è.
Difficoltà tecniche che la padronanza– appunto – della tecnica e l’esperienza hanno permesso di affrontare e superare, consentendo la piena concretizzazione dell’arte di Arnaldo Pomodoro.
Le difficoltà maggiori furono da altre parti: nell’indecisione di chi doveva invece sgombrare il campo da ogni incertezza, stanziare fondi, dire definitivamente “sì, lo facciamo l’Obelisco!”. A consigliare il rinvio c’era sempre una priorità più urgente cui destinare le risorse pubbliche, sempre insufficienti, si sa. Fino a che, poi, si arrivò alla crisi della politica dei primi anni Novanta, al “ribaltone” che a Terni portò al governo cittadino Gian Franco Ciaurro il quale, interpellato direttamente proprio sul futuro del progetto “Obelisco”, fu chiaro. “Lo porto a compimento io. E’ un’iniziativa di chi mi ha preceduto, ma è una buona idea. Dev’essere forse abbandonata solo perché l’hanno avuta altri? No, l’obelisco, si fa”, concluse.
E si fece.

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