L’Ast ad Arvedi, i sindacati: “Ok, ma andiamoci piano coi trionfalismi”

ast thyssenkrupp
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Si ammaina la bandiera tedesca alle acciaierie

Intanto va riconosciuto un fatto: il ministro Giorgetti non aveva parlato a vanvera quando disse, la settimana scorsa, che probabilmente la cessione Ast da parte della Thyssenkrupp sarebbe avvenuta entro il mese di settembre. E’ quanto accaduto, nonostante una nota dell’Ad di Ast con cui si precisava che ancora c’era tempo, e nonostante il silenzio tombale di tutte – diconsi tutte – le istituzioni umbre, parlamentari compresi.

La Arvedi acquisisce le acciaierie di Terni. Ormai è noto. La notizia è stato diffusa ampiamente ed altrrettanto ampiamente commentata da ogni parte. Dalle dichiarazioni si è scoperto, così, che praticamente stavano tutti zitti e chiotti ma – furrrbi! – stavano tutti guardando (non visti e nella discrezione assoluta) quel che accadeva: a partire dalla presidente della Regione Tesei, a vari altri rappresentanti istituzionali. Almeno da Palazzo Spada è venuto un elemento di novità: nel senso che il sindaco di Terni ha peso su il telefono ed ha chiamato i responsabili della Arvedi evitando, almeno lui, di ripetere il refrain che li teneva d’occhio. Quel che si sono detti, per quanto si sa, non è un granché, ma va salutato con favore un atto compiuto pur nelle ambasce di essere impossibilitato a scorrazzare lungo le piste ciclabili tanto care alla sua vice per un furto subito (la bicicletta) sotto l’occhio delle telecamere di sicurezza.

Comunque sia la cessione ad Arvedi è cosa fatta. E giù tutti a sventolare nastri tricolori.

I sindacati metalmeccanici e le Rsu di fabbrica delle acciaieerie ci hanno, almeno, pensato sopra prima di prendere una posizione. Che è sì positiva, ma che non si sbilancia nel trionfalismo, perché ancora con Arvedi bisognerà parlarci a lungo, confrontarsi. Bene, ad esempio che il polo dell’acciaio speciale passi ad un gruppo italiano, bene che da parte dell’acquirente si manifesti la volontà di soffiarci sopra, bene che si siano acquisite anche le reti commerciali italiane e tedesche (e turche).

Chi ben comincia…ecc.ecc. Tutto queto, dicono i rappresentanti dei lavoratori, “però non deve suscitare facili trionfalismi e soprattutto annunci da campagna elettorale in modo particolare delle istituzioni locali e nazionali. È bene ricordare che in tutto il periodo della vendita il silenzio delle forze politiche è stato assordante, sopito solo negli ultimi giorni, cosa quest’ultima, che invece non è successa per le istituzioni che hanno continuato ad ignorare le reiterate richieste di riavviare il tavolo presso il Ministero dello Sviluppo Economico, mai riunito dall’insediamento del Governo Draghi. I toni utilizzati a poche ore dall’annuncio della ThyssenKrupp sono stati inopportuni e poco riconducibili alle prerogative istituzionali”.

Ce senti cerqua? “Ora è centrale – aggiungono i sindacati – che si presenti il più rapidamente possibile il piano industriale dell’acquirente e che questo risponda realmente alle aspettative dei lavoratori, che come è noto oltre a prevedere la vendita del sito nel suo ciclo integrato, presume la salvaguardia degli assetti impiantistici, dei livelli occupazionali e salariali dei lavoratori diretti e dell’indotto. Oltre al completamento degli investimenti, in modo particolare quelli relativi all’ambiente, salute e sicurezza”.

Insomma prima di organizzare feste da ballo c’è ancora da sudare. “Ovviamente – concludono i sindacati – la transazione dovrà essere approvata dalla Commissione Europea Antitrust, le parti e il Governo Italiano si devono adoperare per snellire la procedura e consentire, quindi, l’avvio della discussione con la nuova proprietà”.

Questo è obbligo dirlo, ovviamente, per la precisione.

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