L’affaire test sierologici: la Regione spiega perché ne ha acquistati 15mila a trattativa diretta

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La Presidente Tesei

In Umbria i casi positivi il 4 marzo erano 9, mentre il 22 marzo erano arrivati a 577, con incrementi percentuali giornalieri costantemente in doppia cifra, con punte fino al 41 per cento: questo il contesto in cui la Regione ha deciso l’acquisto dalla società V.I.M. G. Ottaviani Spa di Città di Castello di 15 mila test rapidi sierologici.

La Regione spiega. Risponde alle contestazioni dopo che la  La Corte dei Conti ha aperto un  fascicolo sulla vicenda  riguardante l’acquisto del lotto da 15mila test sierologici rapidi avvenuto a fine marzo tramite un affidamento diretto.

Così è stata indetta una conferenza stampa, alla presenza della presidente della Regione Umbria, Donatella Tesei, dell’assessore alla Salute, Luca Coletto, del Capo di Gabinetto della Presidenza, Federico Ricci,  dei direttori regionali, Claudio Dario, e Stefano Nodessi in cui si ricostruito Il quadro generale che ha fatto da scenario alla decisione della Regione 

Dice il direttore Dario: “Il 21 gennaio si scopre che il virus si trasmette da uomo a uomo e solo 4 settimane dopo viene individuato il primo caso in Italia e poco dopo in Umbria. Era dunque necessario rapidamente studiare ed applicare una strategia efficace per individuare celermente i nuovi positivi ed isolarli. Non essendoci stato il tempo di fare studi scientifici adeguati, i test rapidi rappresentavano una soluzione nell’ambito di una strategia organizzativa più ampia. Prima dell’acquisto i test sono stati oggetto di valutazione da parte della prof.ssa Antonella Mencacci e della prof.ssa Daniela Francisci, che fanno parte del Comitato Tecnico-Scientifico Regionale. Si è ritenuto di non indugiare e chiederne l’acquisizione per un quantitativo pari alle necessità di un mese, tempo utile anche per la sperimentazione   che ha evidenziato che il test rapido ha un alto valore predittivo negativo (97%) che ha portato all’utilizzo del prodotto come efficace metodo di screening”.

“In quel periodo di forte emergenza le Regioni – si sono mosse in maniera autonoma – ha spiegato il direttore Nodessi – valutando sul mercato le soluzioni che si configurassero come il miglior compromesso tra scientificità, disponibilità e velocità di consegna. Il prodotto offerto dalla società V.I.M. era provvisto di regolare marchio CE e risultava conforme alle normi vigenti, a differenza di altri proposti presenti sul mercato in quel momento, per cui era pienamente a norma di legge”.

Inoltre, la loro immediata disponibilità su territorio italiano, la non richiesta di un pagamento anticipato (con il rischio concretizzatosi per altre Amministrazione di non ricevere la merce anche dopo il pagamento) e l’individuazione del prodotto da parte della Sanità regionale sono state caratteristiche determinanti per la scelta del fornitore. Oltre al fatto che nel frattempo erano emerse offerte di altre 4 ditte, che non davano certezze sulla disponibilità e la qualità del prodotto e sulla presenza del marchio CE”.

Nodessi ha quindi spiegato che, “nel pieno rispetto della normativa, con la V.I.M. è stato firmato un contratto che prevedeva il versamento del 50 per cento della somma stabilita al momento dell’acquisto, mentre il saldo sarebbe avvenuto una volta che l’Anac avesse stabilito la congruità del prezzo. Verifica che la Regione ha chiesto al momento della stipula del contratto e non successivamente”.

  “In quelle giornate – ha riferito l’assessore Luca Coletto – bisognava agire rapidamente e la situazione attuale dimostra che sono state valutazioni oculate anche alla luce del fatto che i test sierologici ci hanno permesso di circoscrivere il contagio in 2 zone rosse”.

Il Capo di Gabinetto, Federico Ricci, ha precisato di aver ricevuto la proposta del titolare della V.I.M, con cui in precedenza aveva avuto un unico contatto come potenziale donatore di materiale, e di essersi limitato all’inoltro della proposta successivamente ricevuta per mail in merito ai due prodotti, test e mascherine, su indicazione della Sanità Regionale come riportato nella stessa mail che vedeva in copia, per conoscenza, i vertici politici e tecnici della Sanità regionale e della Protezione Civile”.. 

   La Presidente Tesei,ha sottolineato la situazione d’emergenza in cui si è operato, con la necessità di fare scelte rapide ed efficaci, e con la difficoltà nel reperire materiale sanitario di ogni genere.

“Abbiamo lavorato 7 giorni su 7 – ha detto la presidente – e siamo stati chiamati a fare scelte che, visti i risultati positivi testimoniati dai numeri del contagio e della letalità in Umbria, hanno ripagato il nostro impegno. L’Umbria, non a caso, è stata indicata da più parti a livello nazionale come regione virtuosa e modello da seguire. A fronte di questo, vi sono stati tentativi di screditare il nostro lavoro attraverso notizie distorsive della verità dei fatti e con insinuazioni prive di fondamento”.

Come nel caso di una foto apparsa in un social in cui sono ritratta con un imprenditore, rappresentante della società distributrice dei test rapidi, in una delle numerosissime cene elettorali. Non solo non conosco la persona in questione, che oltre a quella cena elettorale non ho mai più vista o sentita, né prima né dopo, – ha sottolineato – ma in generale i rapporti con gli imprenditori da parte di una presidente di Regione sono legittimi e necessari. È troppo facile – ha aggiunto Tesei – fare allusioni, far vedere la foto e poi sottolineare che quella stessa foto, comunque, non prova nulla. Se è così, non va nemmeno associata alla questione dell’acquisto dei test, come invece è stato strumentalmente fatto. È per questo motivo che valuteremo tutte le azioni possibili al fine di tutelare non solo il mio nome, ma anche l’immagine dell’Ente e il suo operato. Operato, sottolineo, che come in ogni questione che riguarda la Regione è e sarà sempre caratterizzato da trasparenza e legalità”.