“La sconfitta di un progetto politic0”, Giuli se ne va senza sbattere la porta

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Andrea Giuli

Un saluto alla città nel momento del congedo. Andrea Giuli da poco ex vicesindaco ed ex assessore alla cultura e turismo al Comune di Terni, ha spiegato che questo è il primo motivo per cui ha voluto incontrare i colleghi giornalisti. Un saluto, un congedo ed un ringraziamento: “Non potevo non farlo dopo le centinaia, centinaia e centinaia di attestazioni di stima, di vicinanza e di apprezzamento del mio lavoro di assessore che tuttora mi stanno piovendo addosso da ogni parte. Parole anche di costernazione per quanto accaduto in queste ore. A tutti questi cittadini, amici, nemici, oppositori, sconosciuti, sindaci, esponenti politici più vari, intellettuali che mi hanno scritto e telefonato dico grazie. Mi hanno emozionato. Questo mi conforta e mi fa pensare che forse in questo triennio al servizio della città non devo poi aver operato così male”, ha esordito.

Ma comunque lo sa che non è in conseguenza di errori, mancanza di grinta e di voglia di fare se è toccato a lui a pagare il conto dopo una estenuante trattativa tra i partiti della maggioranza al Comune di Terni. Paga lui per decisioni consumate “in altre stanze” e che “per la verità, non mi sono giunte inattese”.

L’impressione non è che sia spinto dal volersi togliere qualche sasso dalla scarpa, così come da qualche parte si vaticinava. Anzi, Giuli  prova a dare una veste più nobile a tutta la vicenda e lo fa trovando rifugio dietro una di quelle “formule” del politichese quando afferma di dover presumere “che non vi fossero più le condizioni di praticabilità politica, come si diceva una volta, ma forse anche fiduciaria perché il sottoscritto concludesse il suo mandato”.

Essendo Andrea Giuli per definizione “assessore tecnico” era apparso subito ovvio, agli osservatori esterni, che la poltrona a rischio era la sua e che  nel momento in cui si doveva decidere il “rinnovamento” sulla base delle pretese dei partiti politici, merce di scambio sarebbe diventata quella detenuta da chi l’ombrello di un partito non ce lo aveva. Ossia il vicesindaco ed assessore alla cultura e la turismo. L’unica garanzia, da questo punto di vista, erano la fiducia e la stima del sindaco  “che in verità mi ha più volte difeso. Non lo ha fatto, sembra di capire, o non ha potuto in questa ultima occasione”,

Per tre anni proprio perché non organico a nessuna delle forze della maggioranza Giuli ha anche funzionato come elemento di equilibrio nel calcolo di pesi e contrappesi da distribuire tra le componenti della maggioranza.  “Terni ha avuto per tre anni come vicesindaco e assessore alla cultura un poeta e un liberale – dice di se stesso Giuli -. Non so se questo sia in sè un fatto positivo o negativo, magari per alcuni è stata una sciagura, ma penso sia stata la prima volta nella storia di Terni e spero non sarà l’ultima”.

“Sono stati tre anni difficilissimi, onerosi, per una serie di motivi e circostanze, dal dissesto al Covid ma non solo – ricorda – Tre anni in cui non mi sono risparmiato, tutti i giorni, domeniche comprese, in cui ho voluto essere presente su ogni questione dalla più infinitesimale alla più importante e complessa, con determinazione. In questo tempo il mio ufficio è stato un porto di mare, non mi sono mai negato a qualsiasi ora del giorno. Ho avviato tavoli, gruppi di lavoro, ho riunito persone anche assai diverse fra loro. Ho cercato di aiutare tutti quelli che ho potuto, di trovare soluzioni e mediazioni. Ho cercato di inventare”. Ma “Devo anche dire – continua – che, specie negli ultimi tempi, ho avvertito una certa solitudine, soprattutto internamente al palazzo. Escludo, almeno in tal caso, che sia colpa di quelli di prima (che pure ne hanno diverse). Resta dura a morire una certa attitudine a considerare ancora la cultura in un ruolo ancillare e marginale, anziché come un volano di economia, sviluppo e promozione. Stessa cosa dicasi, al di là delle petizioni di principio, per quanto riguarda una vera coscienza dell’essere un distretto turistico”.

Due temi, la cultura ed il turismo che ”ho infatti concepito da subito come facce inscindibili della stessa medaglia, quella di un possibile nuovo sviluppo di Terni che non escludesse il passato ma che potesse segnare il superamento delle mitologie, delle mistiche, delle abitudini e delle mononarrazioni esclusive che alla lunga hanno pesato sulla città, rendendola colpevolmente e intimamente subalterna, divisiva, chiusa, poco incline al nuovo e all’unita di intenti. Ho cercato di parlare di Terni come città turistica e dalla storia antica, tentando di innervare di qualche novità anche le politiche culturali. Su questo binomio e in questa visione mi sono costantemente mosso, con obiettivi e strategie precise. Credo possiate capire che tutto ciò non sia stato facile. Forse, troppo vasto programma, avrebbe detto De Gaulle. Ma ci ho creduto e ci ho provato con tutto me stesso. Ecco, non so se altri vi abbiano creduto altrettanto”.

Lungo l’elenco delle iniziative realizzate e di quelle in itinere. “Credo di lasciare a chi verrà dopo di me una eredità non trascurabile di progetti, iniziative, programmi portati avanti ostinatamente, tra mille ostacoli e il più delle volte senza un soldo. Spero che almeno una parte di ciò sia portato a termine. Il totale sbrindellamento di quello che era il mio organico pacchetto di deleghe sinceramente mi fa temere il peggio – spiega – Ho cercato di portare avanti un inizio di quella che alcune volte ho chiamato una rivoluzione gentile, di far convivere cose e dimensioni diverse, ho tentato di seminare in lungo e in largo, mi sono sforzato di tracciare nuovi percorsi, secondo l’idea di un assessorato non assistenziale e non passivo, ma proattivo- aggiunge – . Fuori dalle logiche partitiche, settarie o di Min Cul Pop al contrario”.

Ma si tratta di  comportamenti –  gli ultimi citati – che non sono apprezzati così come si dovrebbe quando ciò che conta più dei fatti è la propaganda, quando le logiche che guidano anche le coalizioni sono quelle del numero dei voti e mai della loro qualità, quando si agisce in virtù del potere da mantenere e ricercare, come avvenuto per troppo tempo in una città che ha cercato col ribaltone del 2018 un qualcosa di diverso e di nuovo, che finora – a dir la verità – non traspare..

E se la logica è questa non troppo spazio può essere lasciato a chi, pur tenendo nel giusto conto l’importanza del consenso dei cittadini, si impegna – sia pure non azzeccandole tutte – per far crescere la collettività.

A sentire Giuli un disegno che legava gli  atti compiuti e le iniziative intraprese c’era. “Certamente in queste ore non nego una forte amarezza. Sono comunque contento di questa esperienza, ripeto, faticosissima, ma importante. Penso che questa città, fin troppo ripiegata e incattivita, ma dalle grandi potenzialità, abbia bisogno di una nuova convivenza, di comprensione, progettualità, coraggio, di rompere alcuni steccati e retaggi. E di scoprirsi bella e possibile, specie in settori finora impensati. Auguro a questa amministrazione e al sindaco Latini al quale mi lega una vecchia amicizia e al quale sono stato sempre leale (pur, devo dirlo, nella diversità dei caratteri e delle storie personali e senza lesinarci vicendevolmente anche qualche divergenza) di poter incarnare almeno in parte tutto questo. Quella rivoluzione gentile che avevo in mente nel luglio del 2018 e che attraverso le mie deleghe ho tentato di impostare e perseguire in questi anni”.

w.p.