Terni e il mistero di Tristano

ospedale Terni tristano

La chiesa di San Nicandro a Terni
La chiesa di San Nicandro

Tristano di Joannuccio, chi era costui? A Terni gli hanno intitolato il piazzale all’ingresso dell’ospedale, sorto nel luogo che era noto come Colle Obito. Perché Tristano, per la storia, è colui che per primo volle che Terni avesse un ospedale, alla metà del XIV secolo. Com’è che Tristano aveva una disponibilità economica tale da poter far sì che grazie al suo patrimonio nascesse un ospedale? Era un nobile, un capitano di ventura, un ricco commerciante? E com’è che poi di questa famiglia di Joannuccio non si è sentito più parlare? Vabbé che Tristano non aveva figli maschi ma è possibile che non avesse nemmeno un parente, magari alla lontana? Mistero.
Tristano di Joannuccio scrisse nel testamento che, morto lui, una parte del suo palazzo e alcune case vicine, fossero donate alla “Beata Vergine di Piazza”, confraternita che trovava la ragione della propria esistenza nel sostegno alle zitelle da maritare e che  forse era una “filiazione” della Confraternita di San Nicandro. A questa, passava, perciò la proprietà ma solo se si fosse istituito un ospedale per i poveri. La moglie Granetta (o Claretta), però, restava usufruttuaria fino a che non fosse anch’essa passata a miglior vita. Nel 1366, morta Granetta, la Confraternita di San Nicandro si mise subito all’opera per rispettare le volontà di Tristano. E nacque l’ospedale ternano. Solo quattro letti. Ma dotati di biancheria.
Dov’era il palazzo di Tristano? Qualcuno dice in via Roma, ma sembra più probabile che sorgesse nelle vicinanze della chiesa dedicata a San Nicandro, non più esistente, molto vicino al fiume Nera, in una zona della città ricca di molini e conce. Rione Castello, è stata poi chiamata quell’area (“llà ‘n Castelli”), perché ricadeva nel quartiere dominato da una specie di villaggio fortificato lì costruito da una potente e ricca famiglia che, accanto al palazzo nobile, aveva costruito le abitazioni per i servitori, magazzini e rimesse, l’alloggiamento per gli armati. Zona fortificata, nel suo insieme, con due torri, che fu chiamata appunto “Castello”.
Quella famiglia che, secondo alcune testimonianze, era arrivata dalla Borgogna al seguito di chissà quale esercito, era la famiglia Di Joannuccio. Nel XIV secolo, a Terni, essa ebbe un ruolo di primo piano: priori, qualche prelato… Secondo alcuni studi compiuti nel XVII secolo, sembra che ne facesse parte anche Sant’Anastasio il quale fu vescovo e poi uno dei santi patroni di Terni. Certo è che un Di Joannuccio era Andrea, “Magnificus miles de Interamna”, che fu priore e podestà di Terni, ma anche podestà di Perugia, di Siena e di Fermo. Andrea di Joannuccio, il “magnificus miles” sembra fosse un uomo particolarmente deciso, autorevole e spesso autoritario. Che, a Terni, pur facendo parte del collegio dei Priori, poteva imporre la propria volontà, così come accadde- ad esempio – per l’assalto armato che il Comune ternano, portò al castellano di Colleluna. Al punto che “Andrea Giannuzio” è, e fu, considerato il vincitore di quella battaglia che strappò la fortificazione a Giulietto da Bracciano. Il papa Bonifacio IX, conferì anzi ad Andrea la potestà sulla Rocca di Colleluna e, nel 1403, nominò il “Magnifico et potenti viro Andrea Jannutij de Castello”, podestà di Perugia. A di Joannuccio si aggiunge quindi “De Castello” che diventa “de Castellis” ed infine Castelli, che divenne il nuovo cognome dei Di Joannuccio.ospedale terni
Famiglia ghibellina, quella dei Castelli diventò “amica” del papa. Nel frattempo Andrea l’aveva resa potente (anche sposando una Trinci) e aveva affermato quella potenza usando anche il pugno di ferro, umiliando dapprima i Guelfi ternani, scendendo in lite aspra e spesso armata con altre famiglie (Camporeali e Paradisi soprattutto). Tanto che, una volta sconfitta, fu condannata, sembra, ad una sorta di “dannazione della memoria”. I documenti che la riguardano sono infatti rari. Eppure fu una famiglia molto numerosa,
E’ forse per questo che di Tristano vissuto nella prima metà del Trecento si sa così poco?

©Riproduzione riservata