Fiorini se ne va: la Lega perde un “pezzo da novanta”

Fiorini

“Io c’ero”. Tre parole con cui Emanuele Fiorini chiude il comunicato con cui informa che lascia la Lega e che lunedì prossimo aderirà al gruppo misto in Comune a Terni e in Regione. Una frase brevissima che contiene tutto: perché l’”Io c’ero” è riferito alla storia degli ultimi anni del suo partito. Io c’ero, dice Fiorini, quando la Lega era allo 0,6 per cento; e c’ero quando è arrivata al 30 per cento. Lui, Fiorini, a Terni alle comunali del giugno scorso ha preso oltre mille preferenze: è stato il più votato e tale è stato riconosciuto anche dopo il ricorso presentato dal suo co-équipier Enrico Melasecche, che – piazzatosi a un’incollatura – chiese che si ricontassero le preferenze.

Per dire: in ogni caso Fiorini è stato, per molto tempo, l’uomo di punta della Lega cui ha dedicato tutte le sue energie e l’impegno in una “esperienza politica – dice – fatta all’interno della Lega e al fianco di Matteo Salvini che mi resterà nel cuore”.

La decisioni di Fiorini resta per ora senza spiegazioni manifeste. Certo, vedersi arrivare in casa un commissario politico (Barbara Saltamartini) non dev’essere stato per lui motivo di orgoglio e soddisfazione. Qualcuno entro il suo (ora dice ex) partito lo ha chiamato in causa addossandogli qualche responsabilità. Ma di che tipo? Quale? La mancata affluenza alle urne per l’elezione del consiglio provinciale da parte degli elettori (consiglieri comunali eletti a loro volta) di destra? Certo, chi già si leccava i baffi pensando ad un “cappotto” che avrebbe consentito di mettere in minoranza il presidente in carica (che è di centrosinistra) e di sostituirlo “con uno dei nostri” alla scadenza del mandato, c’è rimasto male. Oppure tutto va fatto risalire alle turbolenze della Giunta comunale? Perché appare evidente l’annaspare del sindaco leghista messo al confronto con alcuni assessori “forti” , leghisti pure loro, che intendono andare avanti ognuno per conto suo e spesso in conflitto su decisioni di grossa rilevanza, prima fra tutte quella inerente il Palazzetto dello Sport. Una giunta che abbisogna di una guida decisa, autorevole, capace di imporre unità di intenti e di comportamenti. Ma possono dare autorevolezza certe leggerezze degne più di un membro della goliardia che non del sindaco di una città di 110muila abitanti?

Si è parlato a suocera perché nuora intenda scaricando responsabilità su un personaggio di primo piano, in ambito Lega, come Emanuele Fiorini?

Il tutto si potrebbe svilire con una battuta: contenti quelli del gruppo misto di Palazzo Spada. Ora sono in tre. Tutti e tre, Fiorini lo ha confermato per parte sua, pronti a votare “qualsiasi provvedimento che considererò positivo per Terni”; fedeli agli elettori che li hanno votati come uomini del centrodestra, tutti e tre incacchiati con la loro parte politica (gli altri due, Brizi e D’Acunzo, vengono dal gruppo di Forza Italia); tutti e tre battitori, un’opposizione di destra alla giunta comunale di destra, a conti fatti. Per di più nell’ambito di un consiglio comunale dove pochhi sono coloro che vanno oltre il ruolo di “braciolisti”.

IL clima politico diventa ora incandescente. Ne usciranno in qualche modo, tanta è la larghezza della loro maggioranza. Ma c’è un buco che si sta aprendo nel terrapieno: ce l’hanno un Hans di Harleem che ci mette il dito e salva la nazione?