Mirage e tanks ai Paesi africani: ternano arrestato

Ogni mattina arrivava alla stazione di Terni con l’autobus da San Valentino. Prendeva il treno per Roma. Alla sera, percorso inverso: dall’autobus scendeva all’ultima fermata e raggiungeva la vicina villetta di San Rocco, dove abitava. Un pendolare, come tanti, uno qualsiasi dei millecinquecento ternani che andavano ogni giorno a lavorare a Roma. Quale fosse il di quell’uomo sulla cinquantina non lo sapeva nessuno. Stava a Terni da più di vent’anni, sposato, una figlia all’università. Una vita riservata. La normale vita di un impiegato; qualcuno parlava di un lavoro in un ministero, nell’entourage di un ministro socialdemocratico.
Quale lavoro svolgeva davvero, lo seppero tutti la mattina del 12 gennaio 1975. Quando la sua foto comparve sulle prime pagine dei quotidiani. La sua insieme a quella di altre tre o quattro persone. Il giorno prima, all’alba, erano stati arrestati. Violazione delle norme per il commercio di armi, era l’accusa. Quel pendolare era un intermediario per la vendita di strumenti di guerra: pistole e fucili, sì, ma soprattutto aerei Mirage, carri armati Tigre, missili terra aria, cannoni… Una cosa in grande.
Non è esplicitamente dichiarato nei titoli di coda, ma la storia è la stessa di Pietro Chiocca, il personaggio interpretato da Alberto Sordi nel film “Finché c’è guerra c’è speranza”. Fu girato proprio del 1975. Nel 2005 ne è stato fatto anche un remake negli Stati Uniti, “Lord of war”, con Nicolas Cage.
I vicini di casa a San Rocco scoprirono così che quell’uomo dall’aria distinta, così “normale”, lavorava per la Mgm, stessa sigla della grande major del cinema,ma nel suo caso quella sigla aveva un altro significato: Materiali da Guerra, Modena. Il battage giornalistico durò diversi giorni, anche perché la Mgm faceva capo a noti esponenti dell’ultra destra. A sospettare possibili illeciti in un’attività legittima fu l’allora giudice istruttore Luciano Violante, nel quadro di un’indagine sui finanziatori dell’ultra destra. Come Chiocca-Sordi, Gian Marco Rogiani era l’intermediario per l’acquisto di armi tra i produttori e alcuni paesi dell’Africa. Un giro consistente di miliardi, anche se probabilmente a lui toccava solo una percentuale. Abbastanza alta da consentirgli, comunque, una vita comoda ed agiata, seppur non di lussi. La casa a San Rocco era stata acquistata all’asta, per otto milioni. A Terni aveva un solo amico, l’ingegner Chiappero, direttore dello iutificio Centurini. Se ne andò, trasferendosi con tutta la famiglia e di lui non si è mai più sentito parlare. Probabilmente non c’è mai stato un processo, perché nessuna norma penale era stata da lui violata.

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