Covid a parte, a Terni serve un nuovo ospedale: Ecco per quali motivi

Terni ospedale

Intervento dell’Associazione Culturale per Terni Città Universitaria

Terni ospedale

L’esigenza di programmare la realizzazione del nuovo Ospedale di Terni esisteva già in epoca pre-covid-19. Infatti la struttura ospedaliera che ospita l’A.O. “S. Maria” risale alla fine degli anni 60 (su progetto del 1935) e, anche tenuto conto degli importanti lavori di messa a norma e ri-funzionalizzazione avviati nel 2013 e in atto, la sua vita utile valutata in termini generali (edilizia, sismica… di efficienza energetica, ma soprattutto organizzativa), non poteva andare oltre un periodo limitato (20/30 anni ulteriori).
Si era in presenza di tutti i limiti derivanti dalla configurazione strutturale dell’ospedale (monoblocco su 6 piani fuori terra, con ali e semi-ali), che rendevano complessa una corretta ristrutturazione rispettando gli standard di accreditamento e impossibile una configurazione secondo i dettami dell’intensità di cura.
La situazione descritta motivava, se non altro, l’avvio di una riflessione a livello di programmazione (sanitaria, urbanistico/ambientale) sulla realizzazione di una nuova struttura, da armonizzare con la restante parte della rete sanitaria del sud dell’Umbria, peraltro anch’essa incompiuta e piuttosto antiquata, sia in termini assoluti che relativi. In proposito si vedano le asimmetrie con lo sviluppo di quella del centro-nord dell’Umbria, che, ad esempio, ha visto il pressoché completo rinnovo della rete ospedaliera.

PERCHE’ UN NUOVO OSPEDALE

La crisi sanitaria derivante dalla pandemia da covid-19 e la possibilità che scenari simili di tipo epidemico si ripetano ogni 5-10 anni impongono una decisa accelerazione allo scenario descritto per vari ordini di motivi:
– l’accentuarsi dei limiti da obsolescenza dell’attuale struttura, in particolare nella sua componente “organizzativo-funzionale” (configurazioni degli spazi, commistione dei percorsi sporco-pulito, saturazione degli spazi dei servizi di supporto, limiti dell’impiantistica,.…) che determina difficoltà a procedere anche agli adeguamenti di breve periodo indotti dall’art.2 del D.L.34/2020 (a livello di Pronto Soccorso, Terapia Intensiva e semintensiva, attività ambulatoriale in sicurezza ..) e alla ripresa di adeguati livelli di attività; mai come in questo momento si evidenzia che in particolare “la struttura” condiziona i livelli di operatività;
– la disponibilità di strumenti straordinari di finanziamento per gli investimenti in sanità, difficilmente replicabili nel medio periodo e alla base di quello che si configura come un “Piano straordinario di rilancio del Paese” (Recovery Fund e/o Mes); a titolo valutativo, in una logica di assegnazione integrale dei fondi
Mes alle regioni, l’1,49% di 36 MLD, potrebbero significare 536,4 ML di euro per la Regione Umbria e lo stesso ordine di grandezza di risorse potrebbe derivare alla Regione Umbria in base alla proposta di Piano di rinnovamento strutturale del Ministero della Salute a carico del Recovery Fund di 34,4 MLD; queste potenziali disponibilità rendono urgente l’avvio della riflessione su una nuova struttura ospedaliera pubblica; tra l’altro la disponibilità di tali strumenti potrebbe evitare di ricorrere a forme di finanziamento alternativo, quali quelle pubblico-privato tipo finanza di progetto, tipiche delle fasi di carenze di
risorse, nell’esperienza piuttosto onerose per le finanze pubbliche, che hanno l’effetto di irrigidire i livelli di organizzazione e di spesa per decenni per “ripagare” gli investimenti privati e innalzare il grado di complessità della gestione;
– la necessità di progettare tale struttura in modo integrato con la restante parte dei servizi dell’SSR per il sud dell’Umbria; questi ultimi infatti scontano, come detto, insieme il ritardo della fase attuativa della vecchia programmazione (Ospedale di Narni-Amelia, Città della Salute..) e l’impatto da pandemia
(vetustà, a-specificità diffusa dei contenitori e conseguente inadeguatezza delle strutture/sedi presenti sul territorio – Centri di salute, ambulatori dei medici di base), penalizzando i livelli di servizio; l’obiettivo dovrebbe essere quello di dotare il comprensorio di servizi sanitari di qualità, moderni, efficienti e sicuri, adeguati ai nuovi scenari epidemiologici e di fare in particolare del nuovo ospedale un pilastro dello sviluppo futuro della città e del comprensorio di riferimento. Tutto quanto descritto implica una forte
capacità di governance, sotto forma di rapidità e lungimiranza della decisione e forte capacità gestionale in fase realizzativa.


QUALE PROGETTO COMPLESSIVO

Ciò premesso, nella convinzione di dover comunque portare a termine l’attuale piano di ammodernamento in atto del presidio dell’A.O. “S. Maria” e con l’intento di fornire elementi di ragionamento per una programmazione integrata dell’assetto dei servizi del sud dell’Umbria, si riportano alcune considerazioni di cui tenere conto per orientare le scelte sulle caratteristiche e il posizionamento delle strutture necessarie:
 lo sviluppo atteso per i prossimi anni di un’assistenza sanitaria preventiva e proattiva, basata sull’utilizzo delle tecnologie digitali e sulle grandi basi dati (cosiddetta I.A.), configurando un robusto indirizzo a tendere di “medicina predittiva”;
– l’evoluzione degli stessi luoghi fisici dell’assistenza, che dovranno essere funzionali a percorsi essenziali e specifici; rimanendo all’analisi dei possibili scenari delle dinamiche organizzative di un ospedale Hub della rete dell’emergenza (nella attuale classificazione Dea di II livello), si può concordare con chi afferma che “ nel 2030, un ospedale non sarà più un grande edificio che copre una vasta gamma di malattie; si concentrerà sulle procedure altamente complesse, mentre i casi meno complessi ed urgenti, potranno essere monitorati e trattati attraverso hub e strutture più piccole, come day surgery day hospital, strutture di trattamento specializzate e persino case della salute e delle famiglie”;
– la necessità di una residenzialità di base, riabilitativa e per anziani, destinata crescere per ragioni epidemiologiche e demografiche, che dovrà essere sviluppata per nuclei funzionali di piccole dimensioni e con un approccio fortemente integrato tra sanità e sociale;
– l’evidenza che un ospedale sede di DEA di II livello, con centralità delle attività tempo-dipendenti, missione di bacino e interregionale, pur nella sua moderna essenzialità, sia ubicato fuori da contesti urbani congestionati e in prossimità di snodi viari primari (sia stradali, ferroviari che aeroportuali), superando i gravi problemi dell’attuale ubicazione in termini di affollamento edilizio, eccesso di flussi veicolari, inquinamento, carenza di parcheggi e, conseguentemente, sui tempi di raggiungimento e sulla comodità di fruizione; in tale logica, ad esempio, un posizionamento contiguo all’attuale Aviosuperficie emerge come un obiettivo coerente, sicuro e perseguibile; non va sottovalutata poi la valenza di una simile collocazione, per lo sviluppo della città, relativamente alle relazioni territoriali e all’entità di popolazione servita, con tutte le ricadute anche in termini di consolidamento dei flussi di mobilità sanitaria e di ospedale a valenza interregionale;
– l’imprescindibilità di sviluppare una strategia efficace di riutilizzo e valorizzazione, in chiave anche di “ecologia edilizia”, del patrimonio pubblico esistente; nello specifico gli spazi occupati dall’attuale presidio ospedaliero, data la rilevanza, possono essere oggetto di uno progetto di riconversione a sede della sanità territoriale (ex Città della salute), residenze di base per anziani e a polo didattico incentrato sulla sede della Facoltà di Medicina e con presenza di unità residenziali, perseguendo obiettivi di “rigenerazione urbana”.

La presente riflessione, elaborata dall’Associazione con la partecipazione anche di professionisti del settore, vuole essere uno stimolo all’avvio di un dibattito pubblico di livello adeguato alla rilevanza dell’argomento, su un tema che appare strategico per il futuro della Comunità cittadina e della Regione Umbria. E’ notizia recente della posa della prima pietra del nuovo ospedale di Taranto (si veda la stampa, anche nazionale, del 12.10.2020): si evidenzia che il progetto per la realizzazione di una struttura da 715 posti letto, quindi lievemente più grande di quella necessaria per la nostra città, è stato aggiudicato per 122 ML di euro e
che la previsione progettuale totale comprensiva delle tecnologie di base è stimata poco sopra la soglia dei 200 ML di euro. Ci pare un ordine di grandezza assolutamente compatibile con le somme attese per la Regione Umbria, fatto che ci conferma nella necessità di avviare e proseguire nell’attività di sensibilizzazione della cittadinanza e degli addetti ai lavori.

Dr Ciano Ricci Feliziani
Prof. Adolfo Puxeddu
Ing. Giocondo Talamonti