Il Comune, il consiglio e quella piccola differenza

Opposizione e minoranza, si sa, sarebbero la stessa cosa se nell’usare l’uno o l’altro termine non ci fosse una piccola differenza di stile. Parlare di minoranza in un’assemblea elettiva – tipo il consiglio comunale, tanto per dire – significa voler considerare il ruolo di chi non sta nelle stanze dei bottoni, ugualmente ruolo di governo. Che è, in termini civili, replica quando si è in disaccordo, e contemporanea presentazione di alternative su un dato argomento. Ma anche coraggio di assumere responsabilmente un atteggiamento di non contestazione nel caso in cui questo o quel provvedimento fosse in coscienza ritenuto vantaggioso per i “governati”, i cittadini.
Sarebbe l’ideale: si assisterebbe a sedute del consiglio senza urla, senza invettive  ad  “occhi di fuori”, a facce arrossate per l’aumento di pressione, al rispetto reciproco. Per una collaborazione che tenga conto dei ruoli sanciti dalle urne ma si traduca a prescindere dal numero di voti espressi in aula in provvedimenti il più possibile condivisi.
Ad esempio, non si può non essere d’accordo col sindaco Leonardo Latini quando nel presentare le linee programmatiche della sua amministrazione afferma “la necessità di un forte coinvolgimento della città, una partecipazione attiva della comunità cittadina, col suo tessuto associativo, ma anche con le attività, le proposte, le idee dei singoli cittadini. Di necessità virtù, l’Amministrazione non potrà fare da sola e allora lavorerà per ricostituire le reti, le collaborazioni chiedendo responsabilità, civismo e senso del dovere a tutti, e allo stesso tempo definendo un quadro di regole chiaro trasparente e condiviso. Non saremo come è accaduto in passato, l’amministrazione di una parte politica, ma della città che sta attraversando una fase storica molto delicata”.
Certo il sindaco è a capo di uno schieramento di centrodestra, l’opposto rispetto a quello che ha retto Palazzo Spada per tanti anni, qualche frecciata polemica non si può negargliela. Ma dà l’impressione, comunque, di tentare di svolgere pacatamente e civilmente il proprio compito. Un modo di fare che non vuol dire debolezza. Il problema, per lui, sarà casomai dover dedicare qualche ora a far lezioni di civiltà e di bon ton a chi scalpita, o è avvezzo all’urlo, in cerca di rivincite, ispirato solo dal rancore.
Dall’altra parte, la minoranza riesce, pur con numeri esigui, a rappresentare gli stessi pregi e difetti palesati dal centrodestra. E così c’è chi ritiene che fare minoranza sia più che altro fare opposizione, e quindi tallonare tacca tacca l’amministrazione, oppure chi – esempio Alessandro Gentiletti e Paolo Angeletti – a volte non rispettano l’assioma “io voto contro per principio”. Gentiletti, senza far sconti a nessuno,  non perde occasione per rimarcare concetti come quello espresso al cospetto del Vescovo di Terni: “Il nostro agire (il riferimento è l’intero comsglio comunale. ndr) si fonda su valori comuni e radicati, quali la solidarietà, il rispetto e la propensione verso il prossimo. I valori laici e i valori cristiani non sono in contrapposizione e l’azione politica, come l’impegno cristiano, è una missione per il bene comune”.
Né diventa scandalosa o una fuga dalla minoranza l’atteggiamento di Angeletti (a suo tempo candidato sindaco anche del Pd) quando non vota contro un provvedimento che riguarda la vulnerabilità sismica delle scuole ternane. Angeletti, ricercatore del Cnr nel campo degli studi sismici, qualcosa ne sa. “Impegnandosi l’amministrazione ad effettuare analisi sul rischio sismico nelle scuole avrei dovuto votare a favore della delibera, perché conosco i rischi eventuali. Sì, votare come la maggioranza. Fatto scandaloso. Uno della minoranza la pensa come quelli della maggioranza. Mi stupisce che questo fatto sia considerato una défaillancema non sottintende abbandono di una posizione politica. Quando i problemi sono concreti e trasversali sarebbe stupido opporsi a priori”.
Eccola la sottile differenza.
w.p.