Aprile 1945, la Battaglia del Senio raccontata da uno che c’era

alfonsine senio

Il 10 aprile è l’anniversario della Battaglia del Senio, combattuta dai soldati della divisione “Cremona” dell’Esercito italiano che, dopo l’8 settembre, continuava la guerra a fianco degli Alleati. In quella battaglia furono impegnati anche un migliaio di volontari umbri inquadrati nella divisione “Cremona”, tra cui molti ternani alcuni dei quali vi persero la vita.

Ad Alfonsine, città sul Senio, come ogni anno il giorno 10 aprile, si è tenuta una cerimonia cui hanno preso parte più di mille persone. Erano presenti delegazioni delle varie città italiane, per lo più umbre e toscane, da cui provenivamo quei volontari che si battevano per la liberazione dell’Italia, inquadrati in un esercito regolare. Tutte coi loro gonfaloni. Quest’anno mancava, per la seconda volta, quello di Terni, e pensare che gli abitanti di Alfonsine conservano una grande stima e gratitudine nei confronti di Terni. Niente gonfalone cittadino quindi (era alla festa della Polizia e non può certo star da due parti contemporaneamente) però il Comune di Terni si è ricordato dell’anniversario, diffondendo una nota: “Il Comune di Terni si unisce al ricordo per le celebrazioni ad Alfonsine del 74° anniversario della battaglia del Senio. Una data storica e funesta anche per la città di Terni che perse valorose vite umane il cui ricordo è ora consegnato a futura memoria dalla lastra degli otto volontari ternani del Gruppo Combattente della Brigata “Cremona” caduti ad Alfonsine per la liberazione della città”. Per l’Anpi di Terni è stata una “pezza” messa all’ultimo momento che è “peggiore del buco”.

Per ricordare quei fatti e la guerra di Liberazione pubblichiamo la testimonianza di Marino Rossi, operai ternano, classe 1919, decorato con medaglia di bronzo al valor militare.

L’incontro tra noi volontari e i soldati “anziani” della Cremona, i soldati di leva, non fu facile. Gli “anziani” non riuscivano a capire le motivazioni ideali che ci avevano spinto a partire volontari. Perciò, all’inizio, la nostra provinciale preoccupazione fu quella di acquistare le loro simpatie. Succedeva allora che i servizi più scomodi e pericolosi li facevamo tutti noi volontari. Se, per esempio, veniva comandato un “anziano” per un servizio di pattuglia, noi prendevamo il suo posto. In questo modo, nel nostro plotone, finì che tutti i servizi di pattuglia li facevano sempre io, Renzi Elbano, Francesco Valli, tutti volontari di Terni, e Giorgi, un volontario di Viterbo.

Il servizio di pattuglia significava mandare di notte nella terra di nessuno in perlustrazione. Si partiva verso le e dieci di sera e, spesso, si rientrava alle tre o alle quattro del mattino. I rischi erano molti, si poteva finire su un campo minato o scontrarsi con una pattuglia tedesca. […..]

Il 10 aprile, quando andammo all’attacco sul Senio, fummo tra i primi a traversare il fiume. In quell’occasione eravamo in cinque, veniva con noi un giovanissimo volontario di 17 anni, Moscatelli Valdemaro.

La mattina del 10 ci portarono in linea per l’attacco e, mentre uscivamo della trincee. Arrivò un colpo di mortaio. Una scheggia mi ferì alla spalla, me ne accorsi da sangue che mi correva lungo la mano. Allora furono chiamati gli infermieri e mi fasciarono.

Comunque nonostante la ferita, chiesi di poter raggiungere i compagni del mio gruppo che erano ormai avanzati. Il capitano Milano mi disse di andare con lui che gli avremo raggiunti. Ed infatti, strisciando, strisciando, perché si era intensificato il cannoneggiamento da parte dei mortai tedeschi, mi ricongiunsi al mio plotone.

Il mio plotone era capotesta, cioè avanzava mentre altri due plotoni lo affiancavano e ne facilitavano l’avanzata tenendo impegnato il loro nemico con il loro fuoco. Noi cinque addirittura stavamo avanti al plotone. Arrivammo a ridosso dell’argine e, siccome eravamo il bersaglio di un intenso fuoco tedesco, vi scivolammo dentro e quindi saltammo sull’altra sponda. A questo punto ci accorgemmo che eravamo soltanto in cinque e perciò non sapevamo più che fare. Eravamo pochi per attaccare le fortificazioni nemiche, comunque decidemmo di avvicinarci, e strisciando arrivammo a ridosso dei fortini tedeschi.[…]

Ad un certo punto da una casa scaricata poco distante vedemmo uscire una decina di tedeschi: erano ufficiali e venivano verso di noi. Quando furono abbastanza vicini saltammo in piedi e ordinammo loro di arrendersi. Questi credendo che eravamo passati in massa, alzarono le mani e cominciarono a strillare in tedesco. Probabilmente dicevano ai loro soldati di arrendersi. Infatti questi dopo un po’ uscirono fuori con i fazzoletti bianchi e le mani alzate. Insomma in cinque facemmo una settantina di prigionieri. Poi siccome la zona era ancora nella traiettoria dei nostri cannoni, Moscatelli saltò sull’argine sventolando una bandiera tricolore che ci avevano cucito alcune donne di Bagnacavallo, e gridò al resto del plotone di venire avanti. Infatti i nostri compagni di affrettarono a passare il fiume e lì fu fatta una testa di ponte. I tedeschi catturati furono portati indietro e dopo un po’ arrivarono i genieri col compito di gettare un ponte. Per questa azione io ricevetti la medaglia di bronzo.

Marino Rossi (1919 operaio, partigiano della Brigata Gramsci, 22. Regg. Fanteria, II battaglione, V compagnia)

Il racconto di Marino Rossi è tratto dal libro “Memori, Storie e ricordi dei protagonisti 8 settembre 1943-8 maggio 1945”, edirto a cura dell’Anpi di Terni – Sezione “V.Mauri”