“Acciaio”, sul set liti tra Pirandello e Soldati


Polemiche, sgarbi, rancori. E una grande delusione per il soggettista, nientemeno che Luigi Pirandello. Un film che doveva essere di propaganda al regime fascista e una specie di grande spot dell’industria pesante e della potenza italiane, oltreché dell’appena nata cinematografia nazionale, fu invece oggetto di invidie, gelosie, ripicche. E liti.

Il manifesto del film Acciaio (particolare)
Il manifesto del film Acciaio (particolare)

Mussolini era stato chiaro: «Voglio un film che mostri una delle nostre fabbriche più importanti, l’acciaieria di Terni: e che sia un regista tedesco a girarlo». Pensava, probabilmente, a Walter Ruttmann, il documentarista che così bene aveva saputo rappresentare la Germania hitleriana. E Ruttmann fu, in effetti, il regista, anche se, la casa produttrice, la Cines, avrebbe voluto Georg Wilhelm Pabst. Pirandello, autore del soggetto, per parte sua insisteva per Sergej Eisenstein, quello della “Corazzata Potemkin”.
Il titolo del film avrebbe dovuto essere “Acciajerie”, ma nel 1933, la pellicola arrivò nelle sale come “Acciaio”. Interpreti principali Isa Pola, attrice giovane ed emergente, e Piero Pastore, un centrattacco, che era stato per qualche campionato bomber della Juventus, poi era passato, via via, al Milan, alla Lazio, al Perugia. Nel campionato 1932-33 giocava con la Roma. Alternava le prestazioni in campo con quelle sul set, tanto è vero che quando fu ingaggiato per “Acciaio” aveva già girato diversi altri film: “Il centrattacco che piace a Hollywood” lo chiamavano, e c’era un fondo di verità.
Pastore interpretava Mario, uno dei due giovani operai che, nel film, si contendono l’amore di Gina (Isa Pola). Il rivale era Pietro. Per questo ruolo si scelse Vittorio Bellaccini, un vero operaio vero delle acciaierie ternane. Lavorava al “treno bidoni”, Bellaccini, ma seppe fornire una prova d’attore convincente, reggendo il confronto con Pastore.
Pietro – è la storia narrata in Acciaio – muore in un incidente sul lavoro e Mario, il rivale in amore che gli contende Gina (Isa Pola), si sente moralmente colpevole. E’ divorato dai dubbi e
dal rimorso; dalle chiacchiere… Poi, dopo un profondo travaglio interiore, ritrova la serenità e la dignità e sposa la ragazza.Tutto qui.
Da Luigi Pirandello, già in odore di premio Nobel, per la verità, sarebbe stato da aspettarsi di più. Va però detto che la storia, così come l’aveva scritta lui, era molto diversa
In effetti diversa. Almeno stando a quello che spiegava in una lettera ricca d’entusiasmo, diretta a Sergej Eisenstein nell’invitarlo ad essere il regista di Acciaio: «Ho voluto
dare _ sosteneva Pirandello nella missiva _ un quadro compiuto della vita dei nostri operai, con le sue ore di duro lavoro e di spensierata vacanza, e quelle solenni di lutto o di premio,
i loro amori, le loro gare: per rappresentare in somma la bellezza dei sentimenti che il lavoro ispira nel cuore degli uomini».
Eisenstein, però, non si entusiasmò per niente. E così, come voleva Mussolini, il regista fu Ruttmann. Pirandello andò su tutte le furie: «Di stantuffi in primo piano ne abbiamo visti a
sazietà – disse – Vogliamo forse fare una specie di documentario su quella misera baracca di ferri vecchi che è una fonderia italiana?». Ma dovette ingoiare quel rospo. Anzi non solo quello perché dovette anche sottostare al rimaneggiamento del soggetto (che poi fece firmare a suo figlio), da parte di Ruttmann e di Mario Soldati, l’aiuto regista; e veder bocciata – sempre da parte di Ruttman e Soldati – della candidatura dell’attrice Marta Abba, l’amica di Pirandello.
Ruttmann, secondo il suo stile, realizzò una pellicola in cui la parte più ricca è quella documentaristica: lunghe carrellate sul lavoro in fabbrica, l’entrata degli operai, lo stadio Brin…
Fu un fiasco clamoroso.

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