1976, la “Terni” perde 40 miliardi: cassa integrazione

1976 acciaierie "Terni"
1976 "terni" acciaierie caldareria

Dicembre 1976 – Lavoratori, cittadini e istituzioni erano preoccupate per il futuro dell’acciaieria di Terni, stretta in un grave situazione soprattutto dal punto di vista finanziario. E’ per questo che il 15 dicembre del 1976 a Roma una delegazione della giunta comunale ternana e del consiglio regionale umbro, s’incontrò con il presidente della Finsider (cui la “Terni” faceva capo) Alberto Capanna, l’amministratore delegato della stessa Finsider, Umberto Colombo,  e col presidente della “Terni”, Didimo Badile. I rappresentanti delle istituzioni umbre, volevano conoscere i programmi futuri della fabbrica anche in relazione alle comunicazioni secondo cui si sarebbe fatto ricorso alla Cassa integrazione.

Come ricordò il presidente Capanna, le acciaierie di Terni registravano pesanti perdite. Per l’anno 1976 si calcolava che esse sarebbero state di oltre quaranta miliardi di lire ed erano imputabili, secondo la Finsider, soprattutto ai reparti delle lavorazioni speciali. La Finsider s’impegnava a ripianare i debiti, ma informava anche che riteneva necessario il ricorso alla cassa integrazione per tre mesi (dal 10 dicembre 1976 al 20 marzo 1977) per duecento lavoratori dei reparti della fucinatura e della caldareria, ribadendo ciò che la direzione aziendale aveva annunciato ufficialmente due settimane prima ai rappresentanti dei sindacati,.

Per il futuro della “Terni” le informazioni della Finsider furono piuttosto vaghe: non si andò oltre un generico impegno a valorizzare la produzione siderurgica. come a dire che per fucinatura e caldareria si prevedeva un progressivo abbandono.