1883, s’inaugura la ferrovia Terni-Rieti-L’Aquila

La stazione di Terni Cospea La stazione di Terni Cospea

 

 

Il 28 ottobre 1883

a Terni fu il giorno dell’inaugurazione del collegamento ferroviario con Rieti, l’Aquila e Sulmona. In realtà quel giorno si celebrava il completamento dell’opera che era stata realizzata,nel tratto abruzzese, già da qualche anno. Nel 1882 la ferrovia arrivava fino a Sella di Corno, allora centro abitato molto vicino al confine tra le province dell’Aquila e quella di Perugia, comprendente – come noto – anche Rieti. Mancava però la parte essenziale della nuova via di comunicazione. Per quanto utile a che cosa serviva una strada ferrata che non andava oltre il crinale appenninico tra Umbria e Abruzzo? Quel pezzo che mancava fu realizzato in tempo praticamente da primato: tredici mesi furono impiegati per collegare Sella di Corno ad Antrodoco, Rieti e quindi Terni.
Un’impresa che ebbe per protagonisti i tanti operai impiegati dei quali, nel dispaccio informativo per i quotidiani diffuso nell’occasione, si sottolineava l’impegno determinante nella costruzione della linea ferroviaria, “costata grandi fatiche e non lievi sofferenze ai bravi e forti operai che dovettero lavorare nelle viscere della terra, in mezzo all’acqua, al fango, fra le roccie (sic!) e i dirupi”.
In tutto la nuova ferrovia misurava “103 chilometri – spiegarono i quotidiani dell’epoca – attraverso un paesaggio di incomparabile bellezza”. Un’opera di una notevole complessità se si considera che per attraversare i monti tra il Reatino e la conca ternana fu necessario scavare sei gallerie (Vallerosa, Valenza, Miranda, Alveano, Papigno, Monte Sant’Angelo) per un totale di quattro chilometri e 700 metri. Niente rispetto alle sedici gallerie, per un totale di altri cinque chilometri, esistenti nel tratto tra Castel Sant’Angelo sul Velino e l’Aquila, cui si aggiungevano altrettanti tra viadotti e muraglioni di sostegno.
Il risultato? Un’opera che se allora trovava la sua motivazione nella necessità di collegare a scopi economici e commerciali il versante Tirrenico con quello Adriatico della catena appenninica, oggi si distingue per le attrattive ambientali che la circondano. Solo nel tratto inaugurato quel 28 ottobre 1883 la linea ferroviaria percorreva per quaranta chilometri la vallata del reatino costeggiando il corso del fiume Velino, per toccare Rieti e quindi proseguire per Greccio, raggiungere il lago di Piediluco, lambire la Cascata a Marmore quindi entrare in galleria per scendere verso Terni.

Orneore Metelli, Veduta di Terni (part.)
Orneore Metelli, veduta di Terni. Evidente l’arco segnato dal binario della Terni- Rieti (Terni, Museo d’arte moderna e contemporanea Caos- Part.)

Specie all’epoca, non si poteva non andar fieri dell’opera realizzata, cosicché la “velina stampa” poteva illustrare che “l’armamento di tutta la linea venne fatto con ruotaie di acciaio Bessemer lungo (sic!) ciascuna dodici metri” e che “il servizio della trazione sarà eseguito da macchine speciali”.
Tutti contenti, quindi? Certo che no, se qualche giorno dopo il Corriere della sera pubblicava un corsivo criticando aspramente lo sfarzo della cerimonia inaugurale: “Quanto si è speso in pacchiamenti per l’inaugurazione della linea Terni-L‘Aquila” era il titolo di una breve nota: “C’erano circa 400 invitati, per ciascuno dei quali il signor Doney di Firenze (un’azienda ancora oggi in esercizio e specializzata, ndr) ha preso 60 lire; in totale 24 mila lire – si leggeva – Questi 400, meno alcuni, sono i soliti che corrono tutto l’anno di qua e di là a riempirsi di salmone e di fegato grasso. Non ci è festa nazionale possibile, né l’Italia può rallegrarsi se, prima queste onorevoli persone non siedono a tavola. Si pensi al numero infinito di chilometri contemplati nel così detto Omnibus di Baccarini (la legge che prese il nome dal ministro Alfredo Baccarini sosteneva lo sviluppo dell’intero sistema italiano di trasporto,ndr); e se ad ogni inagurazione di tronco si dovrà fare una festa coi relativi pacchiamenti, si butterà via qualche milione in indigestioni”. Da allora è passato quasi un secolo e mezzo, ma sembra non sia passato neppure un giorno.

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